Una riforma degli ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori

La crisi causata dal Coronavirus ha mostrato la necessità di allargare la rete di protezione sociale ed economica anche a quei lavoratori che non sono coperti dall’attuale meccanismo degli ammortizzatori sociali.

Bisognava compiere uno sforzo verso un tipo di copertura generalizzata e universalistica, che non lasciasse indietro nessuno. Ed è quello che ho fatto da Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, a partire dall’istituzione della cassa integrazione Covid-19 per tutte le aziende, introdotta con il decreto Cura Italia ed estesa con i successivi provvedimenti del

Governo Conte II, e dalle indennità per i lavoratori che hanno pagato il prezzo economico più alto della pandemia (stagionali del turismo, intermittenti, lavoratori dello spettacolo e dello sport solo per citarne alcuni).

Adesso è necessario che tale allargamento della protezione non vada disperso, ma razionalizzato e messo a sistema, completando la riforma degli ammortizzatori sociali il cui
impianto – con l’aiuto della commissione di esperti da me nominata – ho predisposto durante il mio mandato da Ministro.

Il principio di questa riforma è l’“universalismo differenziato”.

Universalismo, perché tutte e tutti devono avere aiuto e protezione: tutti i lavoratori dipendenti devono avere gli stessi diritti e finalmente anche al lavoro autonomo deve essere riconosciuta una tutela altrettanto valida di fronte alle difficoltà economiche, presenti e future.

Differenziato, perché nel distribuire i costi è necessario tenere conto che l’agricoltura non è l’industria, o il turismo non è l’edilizia, o la grande impresa non è la piccola bottega: quindi non tutte le imprese devono contribuire allo stesso modo.

La prima parte dello schema di riforma riguarda gli ammortizzatori in costanza di rapporto di lavoro o di svolgimento di attività, e comprende alcune misure specifiche:

– Integrazione salariale per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori dipendenti, indipendentemente dal settore o dal numero dei dipendenti dell’impresa;

Aumento del tetto dell’integrazione salariale, che oggi fa sì che non si percepisca affatto l’80% teoricamente previsto ma molto meno, specie nel caso delle lavoratrici a tempo parziale. In particolare, nel testo redatto dalla commissione si prevede la
fissazione di una soglia minima di importo per le persone a tempo parziale;

Incentivazione del contratto di solidarietà, uno strumento che evita i licenziamenti riducendo l’orario di lavoro, con uno sconto contributivo per i datori di lavoro e un maggior sostegno economico ai lavoratori;

Per i lavoratori autonomi e i professionisti, il testo prevede la creazione di una misura del tutto nuova (e molto più ampia dell’ISCRO): se si ha un reddito fino a 35mila euro all’anno, nel caso in cui il fatturato si riduca oltre un terzo rispetto ai tre anni precedenti, viene corrisposto per dodici mesi il 50% dell’importo del fatturato perso, con un minimo che impedisca a queste persone di guadagnare meno di quello che avrebbero potuto percepire con il Reddito di cittadinanza;

– Nei settori dove il lavoro è spesso discontinuo, per esempio il turismo, si intende incoraggiare l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori stagionali con il part time verticale, sostenendo il loro reddito per i periodi di non lavoro.

La seconda parte della proposta, che riguarda le forme di sostegno al reddito legate alla perdita del lavoro, si struttura secondo queste direttrici:

Una sola prestazione di disoccupazione, che unifichi le attuali NASpI e DIS-COLL;

– Per i giovani fino a 35 anni, si prevede l’eliminazione del requisito di 13 settimane di contributi pagati nei quattro anni precedenti che esclude molti di loro con lavori discontinui o precari dalla possibilità di percepire un sostegno al reddito;

– Aumento della durata del sostegno al reddito, che raddoppierebbe diventando pari al periodo in cui si sono versati contributi (minimo 6 mesi a prescindere dai contributi versati);

– Per i prossimi tre anni, il testo propone di sospendere il cosiddetto décalage dell’importo dell’indennità di disoccupazione;

– Per i dirigenti licenziati, la proposta intende istituire un buono di ricollocazione;

– Per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata dell’INPS, che non abbiano versato contributi per un anno, si prevede una indennità mensile come per i lavoratori dipendenti, sulla base dei contributi versati nei tre anni precedenti.

Centrale, infine, è il tema del rafforzamento delle politiche attive del lavoro, che si sviluppa lungo quattro linee di intervento principali, ovvero:

Superamento del divieto di cumulo tra prestazioni sociali e brevi periodi di lavoro, per incoraggiarne l’emersione;

– Dopo le prime 13 settimane di Cassa integrazione ordinaria, il testo della commissione prevede attività formative per i lavoratori;

– Anche per i lavoratori in Cassa integrazione straordinaria, si prevedono attività formative a richiesta dell’impresa;

– Divieto semestrale di ricorso alla Cassa integrazione straordinaria per i lavoratori che abbiano frequentato i corsi finanziati dal Fondo Nuove Competenze.

La riforma proposta, infatti, è finalizzata – specie per le persone più fragili – al potenziamento ed alla valorizzazione delle competenze piuttosto che alla mera assistenza.

Un welfare più inclusivo, che protegga tutte e tutti e che consenta una esistenza libera e dignitosa ai cittadini: questo è il mio, il nostro obiettivo. Si può.


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