Ambiente, innovazione e inclusione sociale siano i pilastri del Recovery plan

Di Recovery Fund si parla tantissimo da settimane ormai. In questo 2020 molto difficile per tutto il Vecchio Continente, esso rappresenta un’occasione senza precedenti per dare al nostro Paese una sferzata netta in ambito sociale, economico e culturale. In Senato, la relazione sulle linee guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza ha rappresentato un momento cruciale di questo percorso.

Come portavoce del MoVimento 5 Stelle, non abbiamo mai avuto dubbi: i tre pilastri su cui si fonda Next generation EU sono l’ambiente, la modernizzazione e l’inclusione sociale.
Già, l’ambiente: non possiamo permetterci di parlarne come se fosse un ambito a sé stante. Abbiamo un unico pianeta, non ne abbiamo uno di scorta, quindi per forza dobbiamo intervenire prontamente su questo, come ha asserito anche Ursula von der Leyen. Il nostro Governo, insieme ad altri otto paesi, ha spinto affinché si realizzasse Next generation Eu, questa è la nostra occasione e non possiamo mancarla e dobbiamo essere chiari sulla transizione ecologica.

Bisogna prima di tutto andare a riparare i danni che negli anni sono stati causati all’ambiente e quindi riuscire a intervenire laddove ci sono le maggiori criticità: aria, suolo, acqua. Il problema dell’inquinamento delle nostre città va preso sul serio, con soluzioni precise e strumenti efficaci, partendo dai tre settori dove si crea l’inquinamento dell’aria: mobilità, industria e case, quindi settore civile.

Abbiamo bisogno di una mobilità sostenibile una volta per tutte. I processi industriali, gradualmente, vanno riqualificati. Bisogna poi affrontare il settore case: grazie al grande lavoro fortemente voluto dal MoVimento 5 Stelle, ora abbiamo il Superbonus. Ma dobbiamo insistere: attraverso le risorse del Next generation EU avremo la possibilità di rifinanziare questi strumenti affinché veramente il nostro patrimonio immobiliare pubblico e privato possa conoscere una riscossa e diventare davvero efficiente dal punto di vista energetico.

É importantissimo pensare alle acque, alle depurazioni. É necessario intervenire prontamente attraverso la costruzione di nuovi depuratori e la riqualificazione quelli esistenti. Soprattutto, però, servono le persone: la depurazione delle acque ha bisogno di competenze specifiche e specializzate e purtroppo in Italia ne abbiamo poche.

Dobbiamo, poi, parlare di eco compatibilità e di tutela della biodiversità. Purtroppo la biodiversità di mari, laghi, fiumi, ambienti umidi e paludi è in crisi. É fondamentale non solo attuare le direttive, ma anche creare quegli strumenti e i progetti giusti che tutelino la biodiversità. L’ambiente è un settore veramente troppo importante: adesso abbiamo l’occasione di intervenire e dobbiamo farlo per forza.

Non possiamo poi non parlare di energia. É  giunta l’ora di avviare una transizione attraverso politiche energetiche nuove, come ad esempio quella dell’idrogeno: molti paesi come la Francia e la Germania hanno investito miliardi su questo e noi non possiamo restare indietro. Serve investire anche nella ricerca per trovare il sistema di migliore per la produzione, il trasporto, l’utilizzo e lo stoccaggio dell’idrogeno.

Non dimentichiamo, poi, il settore industriale: la riconversione dei processi produttivi è indispensabile, soprattutto per limitare l’impatto di ciò che viene prodotto, bisogna pensare fin dall’inizio a cosa produciamo per realizzarlo in chiave green. Ad esempio, non posso non parlare del ciclo a «rifiuti zero»: dobbiamo partire dall’inizio nel progettare un prodotto che sia compatibile con l’ambiente durante tutto il suo ciclo di vita.

Ed eccoci al contrasto del consumo di suolo: bisogna assolutamente evitare la trasformazione di aree agricole e di aree naturali in aree edificate. Occorre cercare di limitare i danni creati dalle zone impermeabilizzate. É necessario fare il possibile affinché si compensi la costruzione di strutture ed edifici indispensabili, con attività compensative laddove dobbiamo per forza costruire su aree naturali.
Tutto ciò si può fare se in Italia cambia la cultura e, per cambiare la cultura, dobbiamo investire sulla scuola, sull’istruzione, sulla ricerca, sull’università, settori purtroppo rimasti indietro. Come dobbiamo farlo?

Partiamo dalle scuole, che devono tornare centrali nell’agenda politica del nostro paese.
Non si può parlare di scuola se non si parla anche di ricerca: dobbiamo investire nella ricerca: è arrivato il momento di fare in modo che i ricercatori italiani che sono in Italia abbiano la possibilità di esprimere le loro competenze nel modo migliore.

Poi c’è un importante risvolto sociale in questa fase storica. La disuguaglianza, la crisi finanziaria e la pandemia ci hanno messo di fronte a un problema sempre crescente: l’incremento della classe sociale (anche se il termine non è corretto) degli impoveriti, delle persone che hanno perso il proprio lavoro o che lo perderanno a breve. Vi sono sicuramente gli ammortizzatori sociali, ma non bastano: dobbiamo fare il possibile per sostenere queste persone e non farle deragliare in quel solco che si chiama usura. Facciamo il possibile affinché vi siano strumenti adeguati, come ad esempio l’esdebitazione e la gestione delle crisi da sovra indebitamento, per fare in modo che queste persone possano vivere felici e serene.