Diritto alla riparazione: meno rifiuti e prodotti più longevi

Secondo il “Global E-waste Monitor 2020”, il report delle Nazioni Unite sui rifiuti elettronici, tra tutti i Paesi del mondo gli europei sono quelli che ne producono di più. Un record per giunta in crescita: 53,6 milioni di tonnellate (Mt) che potrebbero diventare 74 Mt entro il 2030, con un conseguente danno ambientale e di salute causato degli additivi tossici e delle sostanze pericolose come il mercurio. Un flusso continuo e alimentato principalmente da tassi di consumo più elevati di apparecchiature elettriche ed elettroniche, brevi cicli di vita e poche opzioni di riparazione. E solo il 17,4% di questi rifiuti (classificati come Raee) è stato raccolto e riciclato. Le quantità di rifiuti elettronici stanno aumentando tre volte più velocemente della popolazione mondiale e il 13% più velocemente del PIL mondiale negli ultimi cinque anni. In questo quadro, l’Europa registra un primato in negativo. In media, gli europei producono 16,2 kg all’anno di rifiuti elettronici, mentre l’Asia e l’Africa hanno generato rispettivamente solo 5,6 e 2,5 kg pro capite.

L’Europa si è però posta un obiettivo: niente più obsolescenza programmata, ovvero quel meccanismo che anticipa prematuramente il fine vita del prodotto, per smartphone e tablet – i prodotti elettronici più utilizzati – entro il 2021. L’EU Circular Economy Action Plan, il piano d’azione presentato dalla Commissione Europea nel marzo 2020 per un Europa più pulita e competitiva, è infatti al centro del Green Deal europeo, la tabella di marcia dell’UE per la neutralità climatica, e annuncia iniziative per l’intero ciclo di vita dei prodotti, dalla progettazione e produzione al consumo, alla riparazione, al riutilizzo, al riciclaggio e al ripristino delle risorse nell’economia. Se attuato, i produttori avranno l’obbligo, per ogni oggetto e nuova versione di esso, di garantire la disponibilità dei pezzi di ricambio per almeno sette-dieci anni.

Nei piani dell’Europa c’è quindi la volontà di adottare nuove misure normative per telefoni cellulari, tablet e laptop, rispondenti alla direttiva sulla progettazione ecocompatibile. Secondo i dati raccolti dalla Commissione, applicando tutte le misure previste per l’economia circolare nella UE, il Pil trarrebbe un cospicuo beneficio, con un aumento dello 0,5% entro il 2030, creando, inoltre, ben 700 mila nuovi posti di lavoro. Negli ultimi anni in Europa sono nati veri e propri movimenti per capovolgere il principio dell’obsolescenza programmata. Uno di questi, il più importante, è il Right to Repair: una coalizione di organizzazioni europee nata per chiedere il “diritto alla riparazione” e una legislazione europea comune sul tema.

Il MoVimento 5 Stelle è da tempo al lavoro su questi temi e all’esame del Senato c’è una importante proposta di legge per il contrasto all’obsolescenza programmata dei beni di consumo, a prima firma del sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Gianluca Castaldi. Se i beni non sono riparabili o ricondizionabili, è pur sempre possibile recuperare i materiali che li costituiscono. In quest’ottica sarebbe molto importante promuovere il reimpiego dei beni ancora integri e la loro riparazione anche tramite il sostegno ai centri specializzati snellendo la burocrazia e fornendo sgravi fiscali per gli utenti. Sono questi, in estrema sintesi, le principali misure che, con una proposta di legge sul ‘Diritto alla riparazione’ della nostra deputata Ilaria Fontana, potrebbero mettere l’Italia sui binari della circolarità e del rispetto delle linee guida europee.

Il Piano Nazionale sul cosiddetto Green public procurement (GPP), prevede infatti dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) da applicare anche per l’acquisto di prodotti elettronici, in modo da poter contare sull’effetto traino della Pubblica Amministrazione per beni più longevi e ambientalmente più sostenibili. L’Italia ha recepito il primo pacchetto di direttive europee sull’economia circolare che, normando il tema e alzando i target minimi da raggiungere, spingeranno verso la riduzione della produzione di rifiuti e quindi anche di una maggiore longevità dei prodotti.