Idee ribelli: Settori Essenziali Pubblici

Le idee ribelli sono le idee che possono rendere straordinario il nostro Paese e che si ribellano alla quieta disperazione del non cambiare nulla. Le idee ribelli si compongono di due parole dove ribelle è l’aggettivo come: Identità Digitale, Acqua Pubblica o Reddito Energetico.

Il 25 e 26 luglio nel corso del Villaggio Rousseau – Le Olimpiadi delle Idee abbiamo raccontato le prime idee ribelli e dato spazio a chi ha deciso di proporne di nuove. Compito di chi si proporrà come custode di un’idea ribelle sarà quello di promuoverla, ma anche e soprattutto di creare la consapevolezza che il tempo per quella idea è oggi. Proponi la tua idea ribelle!


Oggi vorrei parlarvi di una mia idea ribelle. Sono del parere che i servizi di prima necessità che interessano la vita e la sicurezza dei nostri concittadini debbano essere gestiti con una partecipazione, se non nella totalità, dallo Stato. Dico questo perché è chiaro che se oggi in Italia abbiamo degli imprenditori che in passato hanno preso delle concessioni pubbliche (mi riferisco a quelle autostradali) soltanto portandosi dietro delle banche, quindi non investendo soldi, e poi hanno gestito un servizio pubblico con zero barriere all’ingresso in servizio di monopolio, ebbene questo investimento ha portato un sacco di soldi al privato. Di questo non metto nulla in discussione. Però se questo privato in regime di monopolio ha anche abbassato i costi e i servizi sulla manutenzione per guadagnare di più, ciò ci fa comprendere che questi servizi devono per forza essere gestiti dallo Stato. 

Ne parliamo con il Dottor Antonio Aghilar, economista, che ci spiegherà com’è la situazione ad oggi delle concessioni di questi servizi dei cittadini e soprattutto se la mia idea di portare lo Stato all’interno di questi servizi può essere portata avanti.

«Grazie Michele. La situazione in Italia è un po’ frammentata. C’è stato negli anni passati un approccio probabilmente troppo ideologico. Si è pensato e si è introdotto, come principio, il concetto che il privato fosse sempre e in ogni caso più efficiente dell’operatore pubblico nella gestione di servizi. In realtà non è cosi. Dal punto di vista fattuale, per esempio negli Stati Uniti d’America la rete autostradale oltre ad essere in gran parte gratuita è gestita quasi interamente dal pubblico. Infatti c’è la Federal Highway Administration che è un’agenzia che opera all’interno del dipartimento dei trasporti degli Stati Uniti, che supporta gli stati federali nella progettazione, costruzione e manutenzione del sistema autostradale.

Perchè vi dico questo? Perchè in realtà la presenza di monopoli naturali è fin dagli anni ‘30, possiamo dire proprio dalla nascita dell’economia in quanto scienza, la principale causa di intervento pubblico nell’economia. A dire, un monopolio naturale, come per esempio il caso di autostrade, è una situazione in cui non possono esistere più aziende. Ne può esistere per definizione solo una. La rete autostradale è una in Italia ed è impensabile, diciamo, costruirne altre sia perché i costi interni sarebbe troppi sia perché essenzialmente non sarebbe efficiente. Quindi ecco che il caso Autostrade in Italia è il classico esempio di monopolio naturale. 

Per quanto riguarda la figura dell’imprenditore, il punto non è che se sia cattivo o buono. Questo è un agente economico razionale che ha per definizione lo scopo di massimizzare il profitto.

Nel caso di Autostrade la questione è legata proprio alla struttura del mercato di autostrade. Trattandosi di un monopolio naturale esiste la dimostrazione matematica che è su tutti i libri di microeconomia del primo anno, e ne esiste anche una più raffinata in teoria dei giochi, dove si dimostra che in regime di monopolio naturale, cioè dove è strutturalmente impossibile la presenza di più operatori, il monopolista si comporta in maniera tale da abbassare l’efficienza per gli utenti del servizio. Cosa che fa aumentare i costi e peggiora il livello del servizio. Perchè lo fa? Perchè non ha concorrenti, gli viene naturale. Il monopolista, l’imprenditore, ha lo scopo di massimizzare il profitto. Qual è il punto? Che quando si tratta di costruire automobili, oggetti di consumo, telefonia mobile, l’imprenditore privato è assolutamente imbattibile. Non esiste neanche in teoria uno Stato che possa competere. Quando invece ci si trova dinanzi a monopoli naturali, le strade, i ponti, ferrovie, acquedotti, anche la rete telefonica fissa, lì lo Stato è assolutamente insostituibile. Perché? Intanto per l’orizzonte temporale degli investimenti. Parliamo di infrastrutture che hanno costi elevatissimi di realizzazione ed un break point, il punto in cui si comincia a guadagnare, che è anche oltre i 30 anni. Ora nessun imprenditore sano di mente investe miliardi.» 

E magari risparmia sulla manutenzione per portare quel recupero economico, anziché dopo 30 anni dopo due anni. Detto questo, da imprenditore dico anche che l’imprenditore è colui che rischia di suo, che mette i suoi sogni e i suoi progetti a disposizione per creare prodotti e fa impresa in un mercato libero. Dall’altra parte invece parliamo di finanzieri che mettono soldi che non appartengono a loro. Quindi lo Stato potrebbe entrare direttamente all’interno di un concessionario come Autostrade, gestire direttamente la sicurezza dei cittadini e delle strade. Poi se c’è un’impresa o un imprenditore che vuole investire in quel settore, si quota in borsa, con a maggioranza pubblica, l’azienda e magari ne compra le azioni. Questa potrebbe essere un’idea da portare avanti su tutti i servizi essenziali ai cittadini: gestire direttamente questi settori e quotarli in borsa. 

«Tra l’altro non sarebbe necessario neanche chissà quale stravolgimento legislativo perché già il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica esistente, cioè decreto legislativo 175 del 2016, permette la gestione di servizi pubblici essenziali attraverso delle società che possono anche essere di diritto privato, quindi parliamo di società di capitali, aperte eventualmente all’ingresso  di soci privati purchè il controllo – direi il 51% del capitale – sia detenuto da enti pubblici.

Si può fare tranquillamente. L’art. 3 del decreto legislativo recita che “le amministrazioni pubbliche possono partecipare a società anche consortili costituite in forma di società per azioni”. Quali sono le finalità dell’articolo 4? “Produzione di un servizio di interesse generale ivi inclusa la realizzazione, la gestione delle reti e degli impianti funzionali e dei servizi medesimi”. Quindi anche dal punto di vista legislativo ci siamo. Si tratta di superare un approccio ideologico che si è imposto negli ultimi 20 anni solo in Italia. All’estero ci si basa più sulla dottrina economica. In Italia invece si è creata l’idea che il privato sia sempre meglio dello Stato a prescindere. Abbiamo però drammaticamente scoperto che non è così.»

Grazie del prezioso contributo. Mi auguro che questa sia la strada che possiamo seguire come Paese. Quindi servizi essenziali e sicurezza dei nostri cittadini con una governance pubblica in mano a tutti i cittadini.

«Faccio solo una piccola postilla. Non bisogna dimenticare che l’Italia è uscita dal secondo dopoguerra,  in cui era un Paese devastato, quasi sottosviluppato, proprio grazie al sistema delle partecipazioni statali. Sono stati creati l’Iri, Poste, banche di diritto pubblico che hanno aiutato le imprese, la Fiat, le ferrovie, i trasporti.  Poi nella seconda metà degli anni ’90 le abbiamo perse e sappiamo tutti le conseguenze.»

Allora la mia idea ribelle è: andiamo a riprendercele. 


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