Idee ribelli che possono rendere straordinario il nostro Paese: Fisco leale

Le idee ribelli sono le idee che possono rendere straordinario il nostro Paese e che si ribellano alla quieta disperazione del non cambiare nulla. Le idee ribelli si compongono di due parole dove ribelle è l’aggettivo come: Identità Digitale, Acqua Pubblica o Reddito Energetico.

Il 25 e 26 luglio nel corso del Villaggio Rousseau – Le Olimpiadi delle Idee racconteremo le prime idee ribelli e daremo spazio a chi avrà deciso di proporne di nuove. Compito di chi si proporrà come custode di un’idea ribelle sarà quello di promuoverla, ma anche e soprattutto di creare la consapevolezza che il tempo per quella idea è oggi. Proponi la tua idea ribelle e registrati per partecipare allo Spazio Idee Rousseau!


Oggi parliamo di fisco leale e di Paese competitivo, in particolare di concorrenza fiscale leale tra Paesi e di competitività dell’Italia.

Il tema della fiscalità ricopre sempre di più un ruolo centrale nello sviluppo della programmazione economica dei Paesi e conseguentemente nel dibattito politico a livello nazionale e internazionale. In Europa oltre vent’anni fa, alcuni Paesi, in particolare quelli con un mercato più ristretto, hanno messo su un mercato attrattivo verso l’esterno che ha contribuito ad attrarre risorse e investimenti dall’estero ed accrescere la ricchezza pro capite interna. L’Italia su questo aspetto è rimasta un po’ a guardare, confidando nella possibilità che un giorno l’Europa potesse armonizzare i sistemi fiscali in qualche modo, anche annullando l’effetto di queste riforme attrattive.

Nei prossimi mesi diverrà centrare il dibattito sulla riforma fiscale, nell’atto del quale non si potrà prescindere dall’affrontare proprio l’elemento della concorrenza fiscale tra Stati. Oggi su questo aspetto ho il piacere di dialogare e intervistare il professor Piergiorgio Valente, Presidente di CFE Tax Advisers Europe, la Confederazione Fiscale Europea, Chairman della Piattaforma Mondiale dei Fiscalisti, professore straordinario presso la Link Campus University di Roma e professore di Scienze Politiche dell’università di studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.

Professore, il fisco rappresenta uno dei principali temi su cui si basa l’agenda politica dei Paesi industrializzati. Quali sono secondo lei le sfide a livello globale e le risposte degli organismi internazionali?

Siamo in una fase in cui ogni Paese si sta dando una nuova linea che emerge dall’eccezionalità del Covid. Come fatto pandemico a livello mondiale, sta portando ogni Paese a riflettere sulle modalità di intervento nell’economia, e tra queste non possiamo non citare il fisco. Anzi, il fisco è uno dei punti centrali per saldare una nuova visione, non solo economica e finanziaria, ma soprattutto sociale, etica di ogni singolo paese. Gli Stati oggi rischiano di essere vittime della competizione esattamente come le imprese. Le imprese tutti i giorni lavorano per vincere la competizione. Perché la competizione è nel mercato, gli Stati no. Gli Stati ritengono che i propri contribuenti siano un dato. Con il post Covid dobbiamo pensare che ogni Stato deve meritarsi i propri contribuenti e fare in modo che ci siano contribuenti da altri Stati.

Ecco perchè la competizione si è esacerbata e aumentata. Questa domanda di un fisco nuovo parte dal basso, dagli organismi produttivi, dagli imprenditori, dalle aziende, dai commercianti, dalle multinazionali, perchè anche queste ultime vogliono certezze. Il rapporto fisco-contribuente dovrebbe avere come punto centrale l’impresa, che ha nuovi meccanismi di azione, che possa fare della legalità, dell’etica, del rapporto con il capitale umano e il digitale un nuovo punto di rinascita.

Sono convinto che il capitale non può che costruirsi intorno all’uomo. Quindi, avere un’impresa che oggi non è più un complesso di beni materiali organizzati dall’imprenditore, ma è un insieme di piattaforme e regole che vengono elette in forma di algoritmo. Questa algoritmocrazia porta a delle visioni anoniche ovvero senza stato. L’impresa sceglie lo Stato, sceglie il proprio contenitore. Dobbiamo fare in modo che la società sia costruita intorno al lavoratore. Dobbiamo prevenire assolutamente la situazione che ci porta ad avere un plus di valore con un minus di lavoro. Dobbiamo fare in modo che il plusvalore che si genera attraverso la tecnologia sia a disposizione degli imprenditori che dei lavoratori.

Ogni agevolazione che va pensata, e su questo l’Unione Europea sta dando delle linee molto chiare insieme all’OCSE, per preservare l’occupazione con una nuova visione, un’industria 4.0. Una tecnologia che deve essere a misura d’uomo ma con un’impresa fondata sul capitale umano.

Il tema dell’innovazione si deve stimolare. Lo Stato deve porsi però la domanda quale sarà il gettito di tutta questa innovazione.

Perchè l’Italia soffre la concorrenza di Paesi come Olanda e Lussemburgo, dei paradisi fiscali interni o esterni all’europa? Noi spesso abbiamo guardato con sospetto a quei Paesi Europei che, anche a detta del Parlamento Europeo, fanno concorrenza fiscale sleale, fanno dumping fiscale. Quindi le chiedo come potrebbe l’Italia dotarsi di un sistema fiscale con ampi profili di attrattività, quindi competitivi, per società estere ma senza fare quella stessa concorrenza sleale che noi contestiamo?

La concorrenza fiscale è parte del sistema europeo e mondiale. La concorrenza fiscale viene considerata leale se è una concorrenza basata sulle aliquote d’imposta. È considerata sleale se utilizza dei metodi per ridurre la base imponibile sostanzialmente per attrarre contribuenti di altri Paesi.

Questo è un tema che da più di 20 anni affascina gli studiosi e impegna la Comunità europea. Il punto centrale è: perchè si subisce la competizione? Perché in ossequio ad un principio di ideologia non ci vogliamo dotare degli strumenti che in altri Paesi sostanzialmente hanno. Quello che mi è difficile da comprendere è: o si è nella condizione di costringere altri Paesi a mutare le loro legislazioni o se non si è nella condizioni di poterlo fare, bisogna mettersi nella loro stessa condizione per competere.

È un dato economico, che affonda le sue radici nella sovranità. Quando si parla di sovranismi, una delle forme classiche di sovranità è la tutela della propria base in politica, la tutela dei propri contribuenti. E qual è la prima forma di tutela? Il “Made in”. Se noi parliamo di “Made in Italy” di fatto chiediamo al consumatore italiano di consumare italiano. E quindi a tutti gli effetti consumare italiano significa produrre base imponibile che è tutta italiana e che è oggetto di tassazione italiana.

Cosa vuole un’impresa estera per venire in Italia? Vuole una tassazione comparabile con quella degli altri Paesi, desidera poter discutere con il fisco italiano in via preventiva. Quindi vanno rafforzati tutti gli strumenti preventivi, quelli che si chiamano interpelli, attraverso i quali l’autorità di un paese autonega la propria capacità di accertamento su quelle caratteristiche che il contribuente in buona fede e trasparenza gli ha consegnato in fase preventiva. Quindi occorre rafforzare il dialogo preventivo con l’amministrazione finanziaria. Poi sta all’amministrazione nell’arco degli anni verificare se quanto il contribuente gli ha detto corrisponde al vero.

Alla base di tutto c’è la necessità di rendere il fisco attrattivo sia nei confronti dei contribuenti interni delle nostre imprese che nei confronti degli attori esterni, delle imprese estere, per attrarre risorse, investimenti e garantire la conservazione delle aziende in Italia.

Grazie, è stato molto interessante, speriamo di rivederci presto.


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