La trasparenza e la verità sono il migliore antidoto a chi è in malafede

Grazie Presidente,

nel preparare questa informativa sono stato tentato da un’impostazione che riproducesse il seguente schema “1) è stata fatta una nomina; 2) Era legittimo che io la facessi con la più ampia discrezionalità; 3) confermo che non c’è stato alcun condizionamento”. 

Sarebbe stato assolutamente legittimo e perfettamente rispettoso del Parlamento perché in questo schema di base è racchiusa la verità: la nomina a capo DAP nel 2018 è avvenuta secondo la legge, con la più ampia discrezionalità e non c’è stato alcun tipo di condizionamento. 

Tuttavia, qui ci sono particolarità che meritano di essere evidenziate.

Mi sia permesso, innanzitutto, di sottolineare quanto sia importante per me essere qui in Parlamento.

La trasparenza e la verità rappresentano sempre i migliori antidoti per dibattiti contaminati dalla menzogna e dalla malafede, dibattiti come quello degli ultimi 8 giorni aventi ad oggetto, per l’appunto, la nomina del capo DAP del 2018 che è oggetto della presente informativa.

Non mi riferisco alle parole del dottor Di Matteo: mi riferisco invece al fatto che su quelle parole pronunciate domenica 3 maggio 2020, il dibattito politico e mediatico ha generato una congerie di caotiche e vergognose illazioni e suggestioni istituzionalmente e personalmente inaccettabili.

Qualcuno potrebbe legittimamente osservare che, in un tempo in cui l’informazione ingloba quasi fisiologicamente le fake news, la vicenda in questione non ha niente di eccezionale. 

Insomma, un dibattito come un altro… con un po’ di verità e un po’ di menzogna o meglio… con più verità così variegate da lasciare a ciascuno la propria ricostruzione dei fatti, in una sorta di pirandelliano “Così è se vi pare”.

E no! Così è se vi pare, assolutamente no! C’è un confine e un limite a tutto e per me, quel confine, in politica e fuori dalla politica è rappresentato dalla mia onorabilità, nonché dal rispetto degli altri e della memoria di chi è morto per servire questo Paese.

Ebbene, questo confine è stato ampiamente superato. 

Le immagini delle stragi di mafia buttate a caso tra un chiacchiericcio e un altro di improvvisati esperti antimafia, l’alone di mistero intorno al nulla per evocare inesistenti retroscena, sono tutte operazioni che mancano di rispetto proprio alle vittime di quelle stragi e ai loro familiari.

Tanto premesso, ricapitoliamo i fatti. 

Nel 2018, subito dopo il giuramento come Ministro, mi misi al lavoro per formare la squadra del ministero. Ricordo che feci circa 50 colloqui per tutti i ruoli da ricoprire. 

L’obiettivo principale che mi ero prefissato era quello di individuare magistrati che avessero la professionalità e la grinta necessarie per portare avanti il progetto ambizioso che avevo in mente. Pensai, certo, anche al dottor Di Matteo e lunedì 18 giugno 2018 lo contattai telefonicamente per proporgli di valutare la possibilità di entrare nella squadra che stavo costruendo per il ministero della Giustizia. Chiaramente parliamo di colloqui informali risalenti a quasi due anni fa e che, con una certa fatica, mi sono incredibilmente ritrovato a dover ricostruire.

In quella telefonata parlammo del Dipartimento amministrazione penitenziaria e della direzione affari penali evocando quello che era stato il ruolo di Giovanni Falcone. Aggiunsi anche che avevo tempi strettissimi, dovuti a scadenze istituzionali, e che nel giro di due giorni avevo la necessità di completare la squadra.

Mi rispose che avrebbe avuto bisogno di 48 ore per riflettere ma io, proprio perché avevo tempi molto stretti, gli chiesi la cortesia di vederci il giorno dopo per giungere a una decisione. 

Su quelle successive 24 ore è stato detto di tutto. 

La domanda, in buona sostanza, è sempre la stessa e cioè se io mi feci intimorire o condizionare da qualcuno.  

La risposta è molto semplice: no!

Le esternazioni di alcuni boss all’interno del carcere, preoccupati di una possibile nomina al DAP del Dott. Di Matteo erano già note al Ministero dal 9 giugno 2018, prima della telefonata in questione; tra l’altro, in occasione di quella prima telefonata, fu lo stesso Di Matteo a parlarmi di quelle frasi pronunciate dai boss. 

Confermai ovviamente la volontà di incontrarlo il giorno dopo.

Lo stesso Di Matteo, a proposito delle esternazioni dei boss, ha chiarito in un’intervista a Repubblica del 6 maggio 2020 che “il ministro si mostrò informato della questione”.  

Mi sarei aspettato che il dibattito, almeno su questo punto, si chiudesse qui. 

E invece no! 

Si continuano a cercare possibili condizionamenti evocando, in modo più o meno diretto, i vari livelli istituzionali.

Una volta per tutte: non vi fu alcuna “interferenza”, diretta o indiretta, nella nomina del capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Punto!

Non sono disposto a tollerare più alcuna allusione: lo devo a me stesso ma lo devo prima di tutto alla carica istituzionale che mi onoro di ricoprire. 

Il giorno dopo la telefonata, martedì 19 giugno 2018, alle ore 11:00 incontro al ministero il Dott. Di Matteo come da accordi.

Mi convinsi, dopo la prima telefonata e, in occasione di quel primo incontro, che l’opzione migliore sarebbe stata quella di riproporre al Dott. Di Matteo un ruolo equiparabile a quello che era stato di Giovanni Falcone.

Avrebbe richiesto certamente più tempo e avrebbe implicato probabilmente una riorganizzazione del Ministero ma ne sarebbe valsa la pena perché, nel progetto che avevo in mente, avrei consentito al Dott. Di Matteo di lavorare in Via Arenula, al mio fianco.

Non ragionai, lo ammetto, in termini di peso gerarchico del ruolo da ricoprire bensì di buon funzionamento del progetto. E’ nel mio diritto e, soprattutto, nei miei doveri ragionare sulle mie scelte pienamente discrezionali e indirizzarle nell’interesse della pubblica amministrazione.

E, visto che ci sono, colgo l’occasione per spiegare che il Capo del DAP non si occupa soltanto del fondamentale tema della gestione dei detenuti mafiosi.

Come dissi al Dott. Di Matteo (il quale all’inizio dell’incontro mi comunicò che avrebbe preferito questo ruolo), il capo DAP deve occuparsi dell’amministrazione delle carceri, di tanta burocrazia, di edilizia carceraria, della polizia penitenziaria, del personale civile dell’amministrazione penitenziaria, delle relative relazioni sindacali e di tutti i detenuti. Accennai anche alla possibile nomina del Dott. Basentini.

Dall’altro lato, con il diverso incarico prospettato, nella mia determinazione il Dott. Di Matteo avrebbe avuto la possibilità di lavorare in via Arenula in un ruolo più specifico e potenzialmente incidente su tutte le questioni penali.

Ora, a me pareva (e pare a tutt’oggi) che, al netto di organigrammi vari, il ruolo migliore sarebbe stato esattamente quest’ultimo.

La mafia, che vive di segnali, non sarebbe andata a guardare l’organigramma del Ministero. 

La mafia avrebbe constatato una sola circostanza: Di Matteo, dentro le istituzioni, lavorava al fianco del Ministro della giustizia.

Dopo un lungo colloquio, ci lasciammo proprio con questa idea. Non trattandosi di una prospettiva immediata, non ci fu bisogno di fissare un ulteriore appuntamento nel breve periodo. 

Nel tardo pomeriggio di quello stesso giorno però, proprio quando ritenevo che il progetto fosse a quel punto completo, ricevetti una telefonata del Dott. Di Matteo, il quale mi chiese di poterlo incontrare il giorno dopo. 

Mi resi disponibile, pensando che volesse affrontare i dettagli del progetto da realizzare o che avesse qualche chiarimento da chiedere.

Mercoledì 20 giugno 2018, alle ore 11:00, il dott. Di Matteo tornò a trovarmi al Ministero e, in quell’occasione, mi disse che non era più disponibile  perché avrebbe preferito il DAP.

Visto come c’eravamo lasciati il giorno prima, appresi questa sua determinazione con sorpresa rispettandola e, tra l’altro, gli comunicai che avevo già avviato con il Csm tutte le pratiche per la nomina di Francesco Basentini al quale avevo già dato la mia conferma.

Ora, sia chiaro: nessuno vieta al Dott. Di Matteo o a chiunque altro di non condividere la mia scelta: ci mancherebbe! 

Per quanto riguarda il Dott. Francesco Basentini, stiamo parlando di un magistrato alla quinta valutazione di professionalità, già procuratore aggiunto di Potenza che si era distinto nel proprio lavoro e che nel colloquio aveva dimostrato di essere all’altezza del suo curriculum.

Aveva raggiunto considerevoli risultati a livello di efficienza e, soltanto per fare un esempio, la Direzione Nazionale Antimafia, in una delle sue relazioni annuali, affermava che “l’unico magistrato addetto alla Direzione Distrettuale Antimafia, il Dott. Francesco Basentini, ha saputo fare fronte in maniera egregia all’oneroso impegno costituito dal descritto aumento della mole di lavoro, mettendo a frutto la già considerevole esperienza specifica maturata nelle indagini di criminalità organizzata”.

Ora, ciascuno potrà fare le sue valutazioni in ordine al lavoro portato avanti dal DAP in questi due anni: io non posso che limitarmi, in questa informativa, a ricordare alcuni risultati importanti raggiunti prima dell’esplosione dell’emergenza Coronavirus.

  1. Per quanto concerne gli interventi strutturali: è stato avviato un piano di riconversione in istituti penitenziari di una serie di complessi ex militari; in queste due settimane, è prevista l’apertura di 3 padiglioni da 200 posti ciascuno a Trani, Lecce e Parma, ed è inoltre previsto, sempre nel 2020, il completamento di altri 2 padiglioni da 200 posti detentivi a Taranto e Sulmona. È stato predisposto un piano per la realizzazione di 25 nuovi padiglioni modulari da 120 posti ciascuno, per un totale di altri 3000 nuovi posti detentivi.
  2. Per quanto concerne le assunzioni, sono stati immessi dal 2018 in ruolo un totale complessivo di 3931 nuovi agenti. È stato definito il riordino delle carriere con una equi-ordinazione della Polizia Penitenziaria con le altre Forze di Polizia. 
  3. In questi quasi due anni, inoltre, sono stati firmati circa 70 protocolli di lavoro di pubblica utilità per i detenuti. 

Riguardo alle strumentalizzazioni che qualcuno in sede di replica vorrà ancora una volta fare in merito alle ormai note scarcerazioni – tema che però è fuori dall’oggetto dell’informativa di oggi –  ricordo che sono state determinate da decisioni prese, in piena autonomia e indipendenza, dai magistrati competenti (nella maggior parte dei casi per motivi di salute), sui quali, ovviamente, non c’è stato alcun condizionamento da parte del ministero o del governo.

Come noto, i due decreti legge approvati nel giro di una settimana rappresentano la migliore risposta dello Stato per garantire una stretta sulle richieste di scarcerazione e, contemporaneamente, riportare i detenuti davanti al giudice affinchè, visto che il quadro sanitario è cambiato, vengano rivalutate tutte le questioni di salute.

Nel frattempo, a seguito di colloquio con il sottoscritto, il Dott. Basentini ha rassegnato le dimissioni che, come noto, ho accettato.

A ciò ha fatto seguito il cambio dei vertici del DAP. Proprio stamattina, ha preso possesso delle sue funzioni il nuovo Capo, il Dott. Bernardo Petralia mentre, da circa una settimana, ha iniziato il suo lavoro di vice capo Dap il Dott. Roberto Tartaglia.

Adesso è necessario rassicurare tutti i cittadini che credono nella lotta alla mafia perché sappiano che il fronte antimafia rimane compatto.