Puntiamo su istruzione e cultura per costruire l’Italia del futuro

di Paolo Lattanzio, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in commissione Cultura alla Camera, e Bianca Laura Granato, capogruppo del MoVimento 5 Stelle commissione Cultura al Senato


Il ruolo dell’istruzione e della cultura per lo sviluppo di un Paese è paragonabile a quello della colonna vertebrale per un essere umano: indispensabile per tenerlo in piedi e per garantirne una crescita sana.

Non sempre questo concetto è stato compreso fino in fondo: per tanto tempo è stato sottovalutato dalla politica, che intesa nella sua accezione più alta è capacità di visione, di coltivare nel presente per preparare il futuro o semplicemente renderlo possibile. 

Eppure, negli ultimi anni, l’Italia ha conosciuto una significativa diminuzione degli investimenti in scuola, università e ricerca: dal 4,6% del Pil nel 2009 siamo passati al 3,6% nel 2016. 

Se non bastasse la realtà dei fatti che ogni giorno ci mette davanti alle tristi conseguenze di questo disinvestimento, ci sono i dati a farci comprendere quanto il nostro Paese, proprio come fosse un corpo umano, abbia perso in “salute”. 

Eccone alcuni: nel 2018, 1 studente su 7 ha abbandonato precocemente gli studi. Il tasso di dispersione scolastica è quindi del 14,5%, ma con picchi che superano il 20% in regioni come la Sardegna, la Calabria, la Sicilia. Quasi la metà di bambini e adolescenti non ha mai letto un libro extra-scolastico in un anno e 1 su 5 non fa sport. L’utilizzo dello smartphone, al contrario, è in crescita (e purtroppo anche la dipendenza): l‘85% dei giovani tra 11 e 17 anni lo usa quotidianamente e circa il 60% lo controlla come prima cosa appena sveglio e ultima prima di addormentarsi. 

Le scuole, nel frattempo, sono ancora lontane dal poter essere considerate luoghi sicuri al 100%, come invece dovrebbe essere: più di un edificio su due non possiede il certificato di agibilità statica, il 59% è privo del certificato di prevenzioni incendi, quasi l’87% non è adeguato alla normativa antisismica. E tra il 2018 e 2019 è stato raggiunto un nuovo record negativo: un crollo o distacco di intonaco ogni 3 giorni. 

Un quadro di questo tipo, come è facile immaginare, è destinato a far sentire le sue conseguenze per anni. E non è un caso, ad esempio, che nel 2017 in Italia si sono contati 2,2 milioni di NEET, cioè di giovani tra 29 e 35 anni che non lavorano nè sono impegnati in attività formative. Parliamo del 24% della popolazione dei ragazzi italiani, e di oltre il 34% di quelli del Sud (contro una media europea del 14,2%). Numeri allarmanti, a cui si aggiungono quelli dei cervelli in fuga: nel 2017 sono emigrati circa 115mila italiani, e di questi oltre il 52% ha un titolo di studio medio-alto, cioè il diploma o la laurea. 

Un Paese impoverito sul piano dell’istruzione è automaticamente impoverito sul piano sociale perché, ad esempio, è più facilmente vittima di disinformazione, pulsioni retrograde, ondate di razzismo e di sentimenti di odio gratuito. Ma è più povero anche sul piano strettamente economico: la fuga dei cervelli, ad esempio, ci costa 14 miliardi ogni anno, mentre sappiamo che ogni euro investito in formazione aumenta il suo valore fino a 3 volte. 

Invertire le tendenze degli ultimi decenni non è un impegno da poco o che si può esaurire in qualche mese. Ma il MoVimento 5 Stelle ha iniziato subito a muovere passi importanti, al Governo come in Parlamento, e ora siamo decisi a non mollare la presa. Siamo decisi a non lasciare che, ancora una volta, istruzione e cultura passino in secondo piano nell’agenda politica del Paese e, come parlamentari, siamo pronti a fare la nostra parte. 

Presenteremo infatti al Governo un documento, a cui abbiamo lavorato nelle commissioni Cultura di Camera e Senato, contenente le priorità su cui è indispensabile intervenire, e ci auguriamo, per il bene del Paese, che venga accolto positivamente. 

Quattro gli ambiti: scuola, università e ricerca, editoria, sport.  

Partiamo da un piano di edilizia scolastica, in aggiunta a quanto già abbiamo fatto e stiamo facendo in questo ambito, perché la sicurezza è la prima cosa che abbiamo il dovere di offrire a studenti e a tutti i lavoratori del mondo della scuola. Chiediamo poi una lotta seria alla dispersione scolastica e la valorizzazione del personale docente e ATA, in particolare attraverso rinnovi e aumenti contrattuali. 

Quando ciascun genitore accompagna i propri figli a scuola, si aspetta di lasciarli a persone fidate, preparate, in grado di educarli e stimolarli alla conoscenza. Sappiamo che la qualità dell’offerta formativa per gli studenti passa dalle mani dei docenti: investire su queste figure professionali potrà avere solo effetti positivi.

Un altro fronte su cui vogliamo lavorare è quello dell’educazione digitale: i più giovani, in particolare, hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a districarsi nella “giungla” dell’informazione in rete, a discernere notizie di fonti qualificate da fake news, qualcuno che insegni loro a esprimere le proprie idee senza offendere l’altro. 

Dobbiamo tutti renderci conto che insegnare a un uso consapevole dei nuovi media vuol dire dotarsi di un’arma potentissima contro il cyberbullismo, che sta diventando un fenomeno sempre più grave. 

Sull’università occorre realizzare quelle riforme a cui lavoriamo già da tempo: la prima, per rivedere il numero chiuso, spostando il test d’ingresso al termine del primo anno e dare quindi la possibilità a tutti i giovani di entrare in contatto con il mondo accademico e di dimostrare, sulla base dei fatti, il “merito” per proseguire il percorso di studi. 

La seconda, per definire finalmente modalità trasparenti, lineari e meritocratiche di reclutamento dei ricercatori e arginare il fenomeno del precariato nella ricerca. È così che valorizziamo i talenti e le tante professionalità che abbiamo in Italia, evitando che vadano all’estero per avere un lavoro dignitoso. 

La nostra attenzione massima per l’Alta formazione artistica e musicale (Afam) dovrà tramutarsi anche in un disegno di legge delega che getti le basi per un indispensabile quanto urgente riordino della materia, anche in funzione di una rivisitazione di tutta la filiera formativa in ambito musicale. 

Non mancano, nel programma che vogliamo portare avanti, misure per contrastare la povertà educativa, per migliorare le condizioni dei lavoratori dello spettacolo, per valorizzare, anche tramite la digitalizzazione, il nostro patrimonio culturale. Così come non manca la battaglia, tutt’altro che esaurita, per l’equiparazione delle tutele nello sport maschile e femminile. 

Individuate le priorità, non vediamo l’ora di metterci al lavoro per realizzarle.

Rilanciare il sistema formativo e culturale è possibile e questo è il momento per farlo: non perdiamo l’occasione!