L’Educazione Digitale fa rima con Educazione Ambientale

Intervista a Massimo Di Felice, sociologo, docente universitario e esperto di net attivismo


• L’educazione digitale fa rima con l’educazione ambientale. Perché educazione digitale ed educazione ambientale sono strettamente connesse?

Sono connesse proprio perché oggi non si può più parlare di ambiente, di foreste, di clima, senza i dati digitali, ossia senza i sensori, i Big data, le banche di dati ambientali, i sistemi operativi geografici, gli algoritmi e i processori che permettono l’aggruppamento e l’analisi; che ci mettono in contatto e ci rivelano ogni giorno l’ambiente e tutto quello che chiamiamo natura.

Attualmente tutti i dati sui mutamenti climatici, sulla temperatura delle acque degli oceani, sulla distruzione delle foreste, sulle emissioni etc. sono dati digitali (si pensi alle immagini degli incendi in Amazzonia o quelle della riduzioni progressive dei ghiacciai prodotte da satelliti e camera digitali e trasmesse via internet)

Ovviamente continuiamo a camminare nei boschi e a sentire l’aria nei nostri polmoni, ma la qualità e il significato di questa esperienza fisica è cambiata.  Grazie alla tecnologia e ai monitoraggi abbiamo dunque permesso a paesaggi inanimati di “comunicare” con noi. Dopo la rete delle persone (social network), la rete dei dati (Big data) e la rete delle cose (Internet of Things) negli ultimi anni è nata una rete ecologica, chiamata the Internet of Everything capace di connettere interi ecosistemi e di metterci, così, in relazione con ogni elemento della natura.

Trattasi di una vera e propria rivoluzione capace di alterare profondamente la nostra relazione con l’ambiente.

• In che modo nel nostro quotidiano possiamo utilizzare la tecnologia in modo sostenibile?

A livello macro attraverso lo sviluppo e la divulgazione pubblica dei Green Data, ossia attraverso la costruzione di database pubblici capaci di produrre dati che ci permettono di monitorare la qualità e i cambiamenti dello stato di salute del nostro ambiente.

1. Un esempio è il https://greenurbandata.com/en/ un software per facilitare le decisioni e per monitorare i processi e le politiche di contenimento delle emissioni negli ambienti urbani.

2. Un altro esempio, sempre a livello macro, è la possibilità dello sviluppo di forme di governance collaborative o cosmopolitiche. Una specie di parlamento di tutte le cose, capace di permettere ai cittadini, ai centri di ricerca di produrre dati su un particolare ambiente e di renderli accessibili a tutti. Il progetto creato dal comune di Chicago, ne è un esempio: ha visto riuniti, oltre agli amministratori, le università, i comitati di quartieri, i gruppi ambientalisti, le ONG e le imprese nella costruzione di un grande “parlamento ecologico”, creato mediante l’Internet of Things: https://arrayofthings.github.io/

I big data possono essere utilizzati per lo sviluppo di forme intelligenti di agricoltura, come quella di precisione, capace di monitorare foglia per foglia, pianta per pianta e di prevenire malattie, evitando l’uso di pesticidi e ottimizzando allo stesso tempo l’uso dell’acqua.

• L’ evoluzione tecnologica nella storia talvolta ha portato con sé anche un aumento dell’inquinamento. Negli anni futuri questa tendenza peggiorerà o assisteremo ad una inversione di tendenza che farà in modo che la tecnologia ci aiuterà a migliorare la nostra relazione con l’ambiente?

Secondo me siamo a una vera e propria svolta. Le reti digitali, i dati, l’intelligenza artificiale, l’internet delle cose, le reti ecologiche non hanno niente a che vedere con le tecnologie industriali, con l’acciaio, il carbone. La loro natura è diversa. Sono reti di connessione che producono la trasformazione di ogni cosa e di ogni realtà in dati.

Le reti digitali e tutte le forme di connessione consumano energia, per lo più non rinnovabile, producono una grande quantità di rifiuti e quindi, allo stato attuale, inquinano. Ma questo è la foto istantanea di un processo ancora in corso che al contrario sta disseminando un’altra cultura ecologica e una nuova logica connettiva e, allo stesso tempo, creando strumenti efficaci per la realizzazione di forme di governance allargate ai non umani e capaci di produrre soluzioni concrete ai problemi ambientali. La cultura ecologica è oggi digitale e non ha più niente a che vedere con le culture anti tecnologiche degli anni sessanta e con le comunità che abbandonavano la città e si rifugiavano in campagna.

Tutte le soluzioni ai problemi ecologici sono già e saranno digitali. Le energie rinnovabili sono monitorate e producono elettricità attraverso dispositivi digitali e sistemi di controllo automatizzati. Quindi è necessario educare all’ambiente digitale, ossia all’utilizzazione delle reti informatiche per finalità ecologiche e a una nuova cultura della dipendenza tra noi umani, l’ambiente, il clima, i dati e gli algoritmi. La storia recente ci dimostra che affrontare la crisi ecologica appellandoci soltanto alla decrescita e alla riduzione dei consumi non è efficace.

Il cambiamento della nostra relazione con l’ambiente implementato dalle reti digitali è appena iniziato.


Leggi i precedenti articoli della rubrica “Educazione Digitale”:

• Educazione digitale: parte la rubrica per navigare sul web in modo sicuro e consapevole – di Barbara Floridia

• Nelle scuole del 2020 non si ignori l’alfabeto digitale – Intervista a Lucia Azzolina

• La robotica educativa e le nuove frontiere dell’istruzione – Intervista al consulente per le politiche di OpenGov

• Scuola 4.0: Internet risorsa o pericolo per i nostri ragazzi?Intervista a Daniele Grassucci di Skuola.net