Le batterie del futuro: prodotte con l’acqua di mare e si ricaricano in 5 minuti

La ricerca di soluzioni innovative per l’accumulo di energia si sta concentrando nella sperimentazione di nuovi materiali e modalità per garantire sempre maggiori performance in maniera ecosostenibile ed economica. Gli sforzi dei ricercatori sono concentrati, in particolare, nella realizzazione di accumulatori che abbiano una sempre maggiore autonomia, resistenza al calore e densità energetica, oltre che miglioramenti nei sistemi di controllo della temperatura; il tutto mantenendo o riducendo il peso complessivo grazie a un incremento dell’efficienza.

Questa particolare attenzione al peso è giustificata dall’ampio spettro di applicazioni delle batterie nella nostra società, che le rende indispensabili nell’elettronica di consumo, gli smartphone, i pc portatili ma anche i wearable, e sempre più importanti nei trasporti, grazie alla diffusione della mobilità elettrica.

Le batterie elettrochimiche convertono l’energia da chimica a elettrica. L’elemento costruttivo elementare è la cella, un dispositivo che converte l’energia mediante reazioni elettrochimiche e che comprende due piastre denominate elettrodi (anodo e catodo) immerse in un liquido particolare detto elettrolita. Il processo di conversione permette di accumulare carica elettrica, restituirla nella fase di scarica e per raggiungere il valore desiderato di energia da accumulare, le celle sono collegate l’una all’altra in serie o in parallelo.

Le batterie oggi commercialmente più diffuse sono quelle agli ioni di litio, costituite da un anodo di grafite e un catodo di vari componenti, in genere metalli pesanti come nichel o cobalto. L’elettrolita è, invece, un sale di litio sciolto in un solvente. Questa tecnologia ha permesso di realizzare dispositivi leggeri, robusti e ricaricabili fino a centinaia di volte e non è un caso che il premio Nobel per la Chimica 2019 sia stato conferito a John B. Goodenough, M. Stanley Whittingham e Akira Yoshino, scopritori delle batterie agli ioni di litio.

Queste ultime, grazie alle migliori caratteristiche tecniche, tra cui spicca proprio il minor peso, hanno rapidamente superato in molti settori di utilizzo le tradizionali tecnologie che utilizzano piombo, zinco metallico e biossido di manganese (dette anche alcaline). La fabbricazione di questi dispositivi comporta, tuttavia, la necessità di reperire minerali costosi, spesso concentrati solo in alcuni Paesi del mondo e con un impatto ambientale e umanitario da non trascurare. Per questo sono già in corso importanti progressi nella riduzione dell’utilizzo del cobalto, specie nel settore della mobilità elettrica, dove grazie a importanti investimenti si sta puntando alla totale eliminazione di questo materiale. In questo contesto, ha assunto particolare importanza lo sviluppo di materiali alternativi rispetto all’utilizzo dei metalli pesanti o la ricerca di soluzioni con diverso principio di funzionamento.

Diversi centri di ricerca e consorzi, con partecipazione pubblica e privata, stanno sperimentando con successo una moltitudine di tecnologie innovative nell’ambito delle batterie.

Tra queste la IBM Research negli Stati Uniti, ha realizzato una soluzione che consiste nell’utilizzo di minerali e composti presenti nell’acqua di mare per eliminare l’utilizzo dei metalli pesanti nelle batterie.
L’accumulatore sviluppato da IBM, grazie al progetto del Battery Lab, utilizza come catodo un materiale privo di cobalto e nichel e una nuova formulazione di elettroliti ottenendo così un sistema più “pulito”. La carica si muove, attraverso il liquido, dagli elettroliti positivi a quelli negativi, funzionando in maniera analoga alla batteria agli ioni di litio.
Anche se IBM non ha ancora reso noto quali sono le sostanze estratte dall’acqua di mare utilizzate, dai primi test effettuati sembrerebbe che questo nuovo tipo di batteria abbia performance migliori di quelle tradizionali: minore infiammabilità, maggiore densità di energia, che ha superato 10.000 W e 800 Wh per litro, e velocità di ricarica dell’80% in soli cinque minuti. Per fare un confronto, le attuali batterie agli ioni di litio hanno un rapporto energia volume compreso tra 200 e 500 Wh per litro.

IBM ha annunciato come prossimo passo una collaborazione con la ricerca di Mercedes-Benz in Nord America, insieme ad altri partner, mirata allo sviluppo commerciale del suo prodotto innovativo. Le potenzialità sono notevoli e il primo prototipo della nuova batteria potrebbe essere pronto nel giro di un anno. Nel frattempo bisognerà capire quanto questa tecnologia sia effettivamente pronta per un utilizzo su scala più vasta e, soprattutto, valutare eventuali alternative in corso di sviluppo.

Un’altra soluzione tecnologica molto promettente, sviluppata da un team di ricercatori presso l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, è quella che utilizza il grafene, un derivato del carbonio.

Il grafene viene prodotto a partire dalla grafite e presenta caratteristiche chimiche che ne permettono l’utilizzo nell’anodo delle batterie al litio migliorandone sensibilmente le prestazioni. Le batterie al grafene hanno tempi di ricarica rapidissimi, una vita media più lunga, generano meno calore e sono già pronte per la commercializzazione.

L’evoluzione tecnologica potrà consentire di mitigare l’impatto delle batterie durante l’intero ciclo di vita del prodotto, dall’estrazione delle materie prime fino allo smaltimento. In uno scenario comunque caratterizzato da una forte crescita della domanda sarà quanto mai importante realizzare una filiera industriale ecocompatibile e le  tecnologie ora illustrate ne rappresentano solo un primo esempio.

Saranno comunque le scelte del mercato, di noi consumatori, che  potranno portare a un  ulteriore sviluppo verso la sostenibilità dell’intero settore.