Cambiamo la Fornero, ma Quota 100 non si tocca – Intervista a Nunzia Catalfo

Di seguito l’intervista a Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, apparsa su “il Fatto Quotidiano”

“Il lavoro cresce? Merito delle politiche che abbiamo attivato in favore dell’occupazione stabile. E i 72 mila inattivi in meno sono il segnale che il Reddito di cittadinanza sta funzionando”. Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro, nel commentare i dati Istat che registrano un aumento dell’occupazione, rivendica: “Con il Reddito, persone che finora non cercavano lavoro si sono attivate rivolgendosi ai Centri per l’impiego”. La ministra è convinta che le questioni sociali siano un’“anima” del governo. Subito dopo questa intervista ha un appuntamento con il ministro del Mezzogiorno, Provenzano, per un progetto di sostegno alle donne: “Ma ho lavorato volentieri con il ministro della Salute, Speranza, sulla sicurezza e anche con Teresa Bellanova e Luciana Lamorgese sul caporalato”.


Eppure sul Reddito ci sono moltissime critiche.

Il Reddito si pone l’obiettivo di dare sostegno a chi un reddito non ce l’ha. E in questa direzione ha ottenuto i risultati prefissati. Noi interveniamo, ad esempio, su famiglie in cui il 42% ha dei bambini, una platea di 2,7 milioni di persone che attualmente prendono il reddito.

Ma vi rimproverano di non aver attivato a sufficienza i posti di lavoro.

Abbiamo dovuto ricostruire la Direzione delle politiche attive per il lavoro, che era stata abolita e ora vogliamo creare un Osservatorio che, collegato alle Regioni, monitori il mercato del lavoro nei diversi settori produttivi ed elabori politiche in grado di fronteggiare le grandi trasformazioni in corso.

Quali sono gli obiettivi?

Si partiva dagli 8.000 operatori dei Centri per l’impiego e abbiamo investito 2 miliardi per aggiungerne 11.600. Le Regioni hanno le risorse per assumere, ma finora solo undici hanno attivato i bandi pubblici per le assunzioni. Stiamo monitorando questo processo e abbiamo interlocuzioni continue con le Regioni per finalizzarlo. Soprattutto, vorremmo lavorare sulla formazione che è decisiva.

Il ministro Speranza ha parlato di revisione del Jobs Act. Pensa vada rivisto?

Nel decreto Dignità siamo intervenuti sulle tutele aumentando i mesi di indennità per il lavoratore. L’esigenza di intervenire è emersa anche dalla sentenza n. 194/2018 della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo e irragionevole il meccanismo rigido e automatico di quantificazione della indennità risarcitoria sulla base dell’unico parametro dell’anzianità di servizio.

Ma lei ripristinerebbe l’articolo 18?

Non sic et simpliciter, ma rivedendola sanzione in caso di licenziamento illegittimo sulla base della stessa sentenza della Consulta.

Pensate a un disegno di legge sul salario minimo?

Fosse per me lo farei con un decreto. Anche l’Europa si muove in questa direzione. Peraltro il Commissario europeo al Lavoro, Nicolas Schmit, punta a una direttiva che potrebbe essere accompagnata da una raccomandazione.

Quali sono i punti chiave?

Collegare il salario minimo ai contratti collettivi più rappresentativi e, laddove i contratti sono troppo bassi, stabilire una soglia minima, attuando l’articolo 36 della Costituzione. Sono inoltre favorevole alla proposta dei sindacati di detassare la quota di aumento salariale in caso di rinnovo del contratto.

È d’accordo su una legge sulla rappresentanza sindacale?

Ci sono tre proposte attualmente in discussione. È un lavoro che sta facendo il Parlamento a cui daremo tutto il sostegno.

È favorevole alla riduzione dell’orario di lavoro o lo considera un tabù?

Sono favorevole, ma ad alcune condizioni: investire in Sviluppo e Ricerca, poi in formazione, perché questa aiuterebbe moltissimo l’incremento di produttività. Se avremo fatto questi passi a quel punto potremo pensare di ridurre l’orario.

Manterrete Quota 100 sulle pensioni?

Ai cittadini dobbiamo dare delle certezze, esiste una sperimentazione e non può essere revocata.

Ma il problema della riforma delle pensioni se lo pone?

Direi che è una delle nostre priorità massime. Abbiamo istituito le due commissioni, sui ‘lavori gravosi’ e sulla ‘separazione tra assistenza e previdenza’. Inoltre ho intenzione di formare una Commissione di esperti per la riforma definitiva della legge Fornero.

In che direzione?

Prima leggeremo i dati e poi capiremo come riuscire ad aiutare i lavoratori ad andare prima in pensione, soprattutto in relazione ai lavori gravosi.

Da chi è composta la commissione?

Sicuramente dal Mef e dall’Inps, dalle parti sociali, in primis i sindacati. E poi da alcuni esperti.

Ha già in mente dei nomi?

Ci sono figure come Stefano Giubboni, ordinario di Diritto del lavoro all’Università di Perugia, Roberto Riverso, consigliere della Corte di Cassazione o Giovanni Geroldi, già ordinario di Scienze delle Finanze all’Università di Parma ed ex direttore generale della previdenza al ministero del Lavoro. La insedieremo a gennaio.