Subito commissione sulle banche. Basta silenzi, chi sbaglia paghi

Intervista di Alessandro Trocino del Corriere della Sera, a Luigi Di Maio 


ROMA — Luigi Di Maio, sul caso Popolare di Bari, al Consiglio dei ministri mancavate voi e Italia Viva. Nessuno vuole sentirsi chiamare «amico dei banchieri».

Ma i risparmiatori?
«Se una banca fallisce non è colpa dei risparmiatori. La solidità del sistema è fondamentale, ma se ci sono manager che hanno prestato soldi allo scoperto, devono pagare. Il tempo del silenzio è finito».

Lei frena sul decreto legge, ma non sarebbe prima salvare i risparmi di settantamila famiglie?
«Possiamo fare tutte e due le cose: avviare in Consiglio dei ministri il procedimento che metta agli atti i nomi di chi ha ricevuto soldi allo scoperto, facendo chiarezza sui legami politici locali e contestualmente mettere al riparo i risparmi. E bisogna far partire la commissione di inchiesta sulle banche. Se lo Stato deve mettere soldi per salvare i conti correnti, dobbiamo fare in modo che quella banca sia nazionalizzata. Il nostro progetto è la banca pubblica degli investimenti».

Ma domani (oggi, ndr) lo votate o no il decreto?
«Daremo due risposte, una ai mercati, l’altra ai cittadini».

La commissione di inchiesta sulle banche è ferma da un anno. Ma al governo ci siete voi: chi la ostacola?
«Per un anno si è sempre detto ok, poi dalla Lega spuntava sempre un problema. Ora ci aspettiamo che il Pd sia disponibile ad accelerare. Il problema è che l’intreccio tra banche e partiti è fortissimo. C’è quasi sempre una banca dietro ogni partito. Tutti hanno qualcosa da nascondere. Il MoVimento 5 Stelle non ha il 51% dei consensi, rispetta gli alleati e vuole che il governo vada avanti fino al 2023. Ma chiede coraggio».

È sempre Lannutti il vostro candidato? Non è inopportuno, visto il post antisemita e la violenza dei toni?
«Il gruppo parlamentare è autonomo, dopo di che ci sarà un accordo di maggioranza».

Ci sono provvedimenti allo studio contro Bankitalia?
«Aspettiamo risposte. Evidentemente c’è un problema, visti i casi. Servono di sicuro norme più stringenti».

Se non fosse il leader MoVimento 5 Stelle, sarebbe in piazza con le Sardine?
«Non le nego che avevo la tentazione di passare a San Giovanni. Le piazze sono una cosa bellissima. Giorni fa ho incrociato il loro portavoce in tv e gli ho detto che sono bravissimi. Trovo sbagliato che qualcuno, tra i partiti, provi a metterci il cappello. Bisogna lasciar respirare queste emozioni in modo libero, solo così continueranno ad essere forti e coinvolgenti».

Si alleerebbe con una lista civica delle Sardine?
«Ah, vuole un titolo da sparare? Lei sa che ogni nostra convergenza è sempre sul programma. Ma facciamo così: per ipotesi, sarebbe bello lavorare insieme su ambiente, giustizia, diritti sociali, lavoro, casa e aiuto alle persone in difficoltà ».

Lei ha scelto tra i sei facilitatori Enrica Sabatini, braccio destro di Casaleggio e socia di Rousseau, con la delega più pesante. Ma la Rousseau non doveva servire solo per il voto online?
«Rousseau è una piattaforma tecnica a supporto del M5S e della democrazia diretta. Non vedo il problema. Tra l’altro non esistono deleghe pesanti o meno. La Sabatini è una persona molto preparata e saprà fare bene».

La nomina di Sabatini e della Floridia, però, sembrano un commissariamento di Casaleggio dei parlamentari.
«Sono persone competenti nelle loro materie».

Colletti paragona il voto per i facilitatori a una «audizione di X Factor».
«Da noi c’è sempre chi prova a distinguersi criticando in maniera gratuita».

In Calabria ha detto che avete fatto «errori in buona fede». Può dirci quali? E il 52% per Aiello non dimostra che siete spaccati e che va trovata un’altra soluzione?
«Di errori se ne fanno, siamo esseri umani e non credo serva stare qui ad elencarli. Il problema sono i personalismi. Ma guardiamo avanti. Il candidato ha preso la maggioranza dei voti: è la democrazia e ora è giusto che tutti lo supportino».

Lei continua a parlare di nuovo «contratto», mentre Pd e Conte parlano di «agenda» e «cronoprogramma». Perché insiste con il contratto? Non le ricorda il fallimento con la Lega?
«Veramente sono stato il primo a parlare di cronoprogramma. Poi lo si può chiamare come vogliamo: contratto, agenda, elenco. L’importante è mettere nero su bianco le cose da fare e quando farle. Io, Nicola e Giuseppe siamo d’accordo».

Parla di «mercato delle vacche» e chiede il «listino prezzi». Ha le prove che Salvini abbia pagato i senatori?
«Promettere una poltrona è già un modo di corrompere l’animo altrui ed eticamente è inaccettabile. Però è inutile parlarne troppo, la politica deve reagire. Serve una legge che limiti il cambio di casacca. Qualcuno non vuole il vincolo di mandato? D’accordo, troviamo un’altra forma, ma troviamola. Anzi, perché non inserire nel cronoprogramma una norma per mandare a casa i voltagabbana?».

Il nuovo Salvini “responsabile” propone un comitato di salvezza nazionale , di riscrivere le regole base e tornare al voto. Cosa risponde?
«Che è un nostalgico del governo, ma parla al vento. Al governo c’era, lo ha buttato giù ed ora ogni giorno cerca uno slogan diverso nel tentativo di non sparire».