Sulla lotta alla crisi climatica non si torna indietro

di Antonio Federico, deputato del MoVimento 5 Stelle e Patty l’Abbate, senatrice del MoVimento 5 Stelle

Lo scorso mese di ottobre è stato il più caldo dal 1981, cioè da quando sono cominciate le rilevazioni delle temperature a livello globale. Più in generale il quinquennio tra il 2015 e il 2019 è stato il più caldo mai osservato. Questi dati, che nel nostro Paese si stanno traducendo in frane e inondazioni sempre più frequenti, in altre aree del Pianeta significano disastri, siccità e carestie.

Nell’Africa meridionale si registra il più basso livello di piogge mai osservato, con 5,5 milioni di persone che soffrono una grave insicurezza alimentare. Oltre 52 milioni di persone in 18 Paesi, tra Africa centrale, orientale e meridionale, rischiano di morire di fame a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, aggravati da conflitti e povertà estrema. Nell’Oceano Pacifico decine di arcipelaghi e piccoli Stati rischiano di scomparire per l’aumento del livello dei mari causato dall’innalzamento medio delle temperature. Non è solo questione di latitudine, ma è il triste presagio di una tendenza che coinvolge tutto il Pianeta.

Pochi giorni fa è arrivato un nuovo appello, sottoscritto da oltre 11.000 scienziati di 153 Paesi di tutto il mondo, per i quali 40 anni di negoziati globali non sono riusciti a contenere le emissioni di gas serra producendo effetti sempre più dannosi per il clima. Gli scienziati hanno proposto una serie di contromisure tra cui la riforma del settore energetico puntando sulle rinnovabili, la riduzione delle emissioni inquinanti, la salvaguardia degli ecosistemi naturali, il passaggio ad una economia carbon free.

Gli Accordi di Parigi, sottoscritti nel 2015 da 195 Paesi, vanno proprio in questo senso e impegnano gli Stati economicamente più avanzati a mettere in campo politiche ambientali ed energetiche, ma anche risorse economiche, per arrestare la deriva climatica e aiutare le aree del Pianeta più in difficoltà. Per questo è sconvolgente che il presidente Donald Trump abbia avviato formalmente la procedura per l’uscita degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi. Ovviamente tutta la comunità internazionale contesta questo atteggiamento, ma una cosa è chiara: Trump non può annullare un trattato multilaterale firmato da quasi 200 Stati, può al massimo tenere l’America bloccata nel passato dei combustibili fossili, schiacciata dalle lobby e dalla miopia del breve termine.

Il mondo, intanto, va in tutt’altra direzione: quella che l’Italia sta seguendo per rispondere agli impegni internazionali con serietà e con atti concreti. È anche la via del Green New Deal, il patto verde per la difesa del clima e dell’ambiente, annunciato dal premier Giuseppe Conte. Un patto che il nostro Paese sta rispettando, ad esempio, con la conversione in legge del decreto Clima voluto dai ministri Costa e Di Maio, il primo decreto totalmente concentrato su questioni ambientali mai approvato in Italia.

Prevede interventi che incentivano mobilità sostenibile, scuolabus elettrici, piste ciclabili e riforestazione urbana; garantisce maggiore trasparenza dei dati sulla qualità dell’aria, sulla gestione delle acque reflue e sui commissariamenti per le discariche abusive; incentiva la vendita dei prodotti sfusi nei negozi, nelle botteghe e nei mercati e la riduzione di plastica e imballaggi nelle nostre case e nelle discariche. Ma il Decreto prevede anche il coinvolgimento delle scuole, come fanno tante iniziative collegate. Ad esempio Facciamo EcoScuola, con cui i parlamentari e tanti portavoce del MoVimento 5 Stelle nelle Regioni hanno accantonato milioni di euro da destinare ai progetti che portano l’educazione ambientale tra i banchi.

A tutto questo si aggiungono la legge Salvamare per la difesa di mari, laghi e fiumi dalla plastica approvata alla Camera in prima lettura, l’impegno per una nuova gestione del ciclo dei rifiuti, le scelte innovative dei ministeri sul plastic free o quelle della Pubblica Amministrazione per garantire sostenibilità ambientale anche negli enti pubblici. Sono tutti interventi che incidono sui nostri comportamenti quotidiani, coinvolgono istituzioni, aziende, cittadini e giovani in particolare, perché solo lavorando su ogni livello possiamo realizzare quella che si può definire ‘una cultura della quotidianità ambientale’, un percorso che inizia con la consapevolezza e termina con le buone pratiche.

Siamo certi che questa sia la strada giusta per dare risposte alle giovani generazioni, ma siamo anche consapevoli che questa strada è lunga e bisogna procedere per tappe. Una di queste è la legge di Bilancio: visto che in questi giorni tutti i gruppi politici stanno invocando maggiori risorse per l’ambiente, ci aspettiamo che tutti, a partire dalle opposizioni, si impegnino per dare una chiara impronta ‘green’ alla Manovra. Non possiamo non farlo: secondo un recente studio le conseguenze della crisi climatica in atto dal 2050 ci costeranno l’8% del Pil ogni anno, accentuando per giunta le disuguaglianze tra Nord e Sud.

La strada della conversione in chiave ecologica dell’economia è tracciata e non si può tornare indietro.

Il MoVimento 5 Stelle c’è e ci sarà: staremo a vedere gli altri.