Mose: mezzo secolo di ritardi e quel tempo quasi scaduto

Venezia è drammaticamente affondata sott’acqua, come non avveniva dal lontano 1966. In quell’anno era in carica il Governo Moro III e la politica si rese conto che la città era in pericolo: l’Italia doveva compiere un intervento straordinario per tutelare un patrimonio mondiale e aiutare i veneziani.

Sarebbero passato però un quarto di secolo prima che dalle parole si passasse ai fatti, con il progetto preliminare del Mose. Da allora è passato un altro quarto di secolo, che non è stato sufficiente per completare l’opera.

Intanto il Mose, che avrebbe dovuto essere ultimato già due anni fa, ci è costato 7 miliardi di euro. Nel frattempo l’emergenza acqua alta si è intensificata: l’Autorità delle maree ha recentemente diffuso un grafico che dimostra come la frequenza e intensità del fenomeno negli ultimi decenni sia aumentata. Se provate a chiedere di questo trend ai politici del centrodestra, vi diranno di tutto tranne che tutto ciò possa essere legato ai cambiamenti climatici. Lega e compagnia sono diventati paladini del negazionismo ambientale. Forse per superficialità, forse per convenienza.

Se il Mose non è stato ancora completato, però, non è solo a causa della negligenza e della burocrazia. La politica anche qui ci ha messo lo zampino sotto forma di corruzione, frode fiscale e finanziamento illecito dei partiti. L’inchiesta scattata il 4 giugno 2014 svela un comitato d’affari composto da imprenditori, magistrati e, ovviamente, politici. Il pesce più grosso che finisce nella rete della magistratura è Giancarlo Galan, al tempo dei fatti presidente della Regione Veneto in quota Forza Italia, che sarà condannato a scontare due anni di arresti domiciliari e a erogare un risarcimento danni di 5,8 milioni di euro.

Al tempo dei fatti il vice di Galan alla Regione era Luca Zaia, attuale governatore. Lo stesso Zaia che oggi grida allo scandalo per il fatto che il Mose avrebbe dovuto essere già attivo ma che, tra un’allerta acqua alta e l’altra, trova il tempo per mollare tutto e per andare a fare campagna elettorale per la Lega a Bologna. Il presidente del Veneto evita regolarmente di ricordare che quello scandalo sul Mose ha determinato un rallentamento nella realizzazione dei lavori e che, se il Mose è sotto commissariamento, è proprio a causa dell’inchiesta e dello scandalo del 2014.
Inoltre, se quel commissario ancora non era in carica è perché per la sua nomina era necessario il concerto della Regione Veneto (cioè Zaia), che se l’è presa con molta calma.

Gli italiani si aspettano che chi li amministra la smetta di fare chiacchiere e di abbaiare alla luna. E quello che questo governo sta facendo: Zaia o non Zaia, il commissario per il Mose è appena arrivato e l’opera sarà ultimata tra un’anno e mezzo.

Dopo mezzo secolo vogliamo chiudere il cerchio, nella consapevolezza che il Mose non sarà sufficiente a mettere del tutto al sicuro Venezia e che per la Serenissima bisogna già cominciare a lavorare su altri strumenti, che consentano di continuare a vivere questo capolavoro dell’umanità.

Partiamo subito, non possiamo permetterci di attendere altri 50 anni per dare soluzioni.