Luigi Di Maio, il Ministro dell’Occupazione

Sul lavoro stiamo accumulando dati positivi, mese dopo mese. Non ci montiamo la testa, perché la stagnazione in cui si trova l’Italia a causa delle politiche del passato è dura a morire, ma i numeri ci dicono che la direzione presa con la Manovra è quella giusta. Bisogna continuare, con ancora più forza.

Oggi Istat ci dice tre cose, in sostanza:

1) +67 mila occupati a maggio rispetto ad aprile

2) occupati al loro record storico da quando sono iniziate le serie statistiche nel 1977. A maggio le persone che lavorano sono 23 milioni e 387 mila (+92 mila rispetto ad un anno fa)

3) tasso di disoccupazione sotto al 9,9%, per la prima volta dal 2012 inferiore al 10%, una soglia anche psicologica

Tutti sappiamo che l’occupazione va bene se l’economia tira e questi dati ci fanno ben sperare sul Pil del secondo trimestre 2019, dopo che nel primo trimestre l’Italia è uscita dalla recessione tecnica di fine 2018 con un +0,1%.

Ma la notizia positiva è che non aumentano solo i livelli occupazionali, aumentano anche i contratti stabili, mentre diminuiscono quelli a termine. Sono i dati Inps a certificarlo: nel primo trimestre 2019 +241.317 rispetto ad un anno prima, con un +75,5% di trasformazioni a tempo indeterminato.

Vi ricordate quando fior di economisti, sostenuti da un esercito di opinionisti, chiamavano Di Maio Ministro della Disoccupazione? La sua colpa era di aver iniziato a smontare il Jobs Act renziano con il Decreto Dignità, che poneva seri limiti ai contratti a termine e incentivava quelli stabili.

Bene, a distanza di alcuni mesi, non si sente più una voce. Gli occupati crescono e il lavoro stabile pure. Di Maio e il MoVimento hanno vinto la loro prima sfida: dimostrare che la precarietà non è un destino senza ritorno, ma una scelta politica. Noi abbiamo deciso di farne un’altra, anche per trattenere più facilmente in Italia i nostri cervelli, e spingerli a metter su famiglia.

Una rivoluzione economica del buon senso, nulla più.