L’inchiesta ‘Angeli e Demoni’ e il modello promosso dal PD

di MoVimento 5 Stelle Emilia Romagna

Avrete sicuramente sentito parlare dell’inchiesta sul business legato agli affidamenti dei minori in Val d’Enza, in provincia di Reggio Emilia: bambini illecitamente strappati alle loro famiglie, secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, attraverso rapporti falsati, bugie e stratagemmi con l’unico scopo di arricchire tutti quei soggetti che facevano parte (da anni) di quello che sembrava essere un sistema ben consolidato. Attività conosciute in Regione ed esaltate dalla politica, tanto che quattro anni fa (era il marzo del 2015) il Pd chiamò in commissione a descrivere questo sistema modello le stesse persone che poi sono finite agli arresti domiciliari.

Vi facciamo ascoltare i punti più importanti di quell’audizione. Ecco cosa diceva per esempio il sindaco di Bibbiano sul boom dei maltrattamenti sui minori registrati dai servizi sociali in Val d’Enza e sulla necessità, poi appoggiata dalla Regione stessa, di far nascere un centro specializzato nel sostegno dei minori vittime di violenza e abuso sessuale. Centro inaugurato nel 2016 e dove in soli due anni sono stati presi in carico ben 210 giovanissimi vittime di presunti maltrattamenti.

Andrea Carletti (sindaco Pd): “Anche perché potete benissimo immaginare, dal punto di vista dell’impatto, l’emersione di tredici casi, cioè, quando si parla di maltrattamento dei minori insomma sono situazioni che colpiscono le coscienze individuali ma di un’intera comunità che si pone degli interrogativi. Il fatto che finalmente delle situazioni che prima erano sommerse hanno avuto il coraggio di emergere e sono emerse perché sapevano che all’interno di quel determinato territorio potevano contare su competenze, su dei punti di riferimento rassicuranti che potevano accompagnarli a una via d’uscita rispetto a una situazione veramente drammatica. Noi come Val d’Enza ci proponiamo anche a poter, diciamo, sperimentare questa buona pratica visto insomma anche l’esperienza che abbiamo accumulato in questi due anni. A noi interessa anche lavorare e sperimentare e mettersi in gioco rispetto alle criticità che sono emerse e da questo punto di vista rinnoviamo anche la disponibilità a valutare insieme l’istituzione in Val d’Enza di un centro specialistico per il trattamento e che riteniamo essere insomma per noi un aspetto fondamentale”.

In Regione, però, quell’11 marzo del 2015 non c’era solo il sindaco di Bibbiano: all’audizione partecipò anche Federica Adinolfi, responsabile dei servizi sociali dell’Unione e anche lei oggi agli arresti e che all’epoca spiega dettagliatamente in cosa consistesse il cosiddetto metodo di ascolto dei bambini vittime di violenza.

Federica Adinolfi (Responsabile servizio sociale dell’Unione della Val d’Enza): “Il gruppo emergenza in 24 ore deve fare tutto, quindi arriva una segnalazione e il gruppo di lavoro composto da assistenti sociali, psicologi, educatori accoglie, fa una valutazione e se è il caso mette in protezione il minore e invia tutto il materiale all’autorità giudiziaria. Abbiamo dei meccanismi di difesa rispetto a questa tipologia di problemi che sono di minimizzazione, è talmente brutto, è talmente terribile ascoltare il trauma che la minimizzazione è un meccanismo di difesa di noi adulti. I bambini hanno altri modi per raccontare quello che provano, quello che vivono nella loro esperienza, quindi ascoltare il trauma non è così immediato. Ci sono delle zone d’ombra, delle zone grigie, occorre una specializzazione come si è detto prima, non banalizzare il fatto che i minori che abbiano bisogno di una psicoterapia nel momento in cui subiscono violazioni del loro sé profondo, sappiamo che se non vengono adeguatamente curate, se a loro non viene offerta una terapia rispetto al maltrattamento e l’abuso che molto spesso avviene all’interno della famiglia e quindi vengono a perdere delle figure primarie per cui questa ferita primaria va vista. E andrebbe visto in modo specialistico, no? Trattata non a livello di base ma a livello di trattamento del trauma. Chiudo dicendo questo: se ci si mette in ascolto i bimbi parlano. È perché loro scelgono eh? Loro hanno scelto degli educatori, hanno scelto degli insegnanti, hanno scelto degli psicologi e degli assistenti sociali. Occorre sicuramente esserne consapevole”.

Spetterà naturalmente alla magistratura fare chiarezza, ma come dimostrano le parole che vi abbiamo fatto ascoltare è evidente come in Regione si fosse deciso di prendere a modello il sistema della Val d’Enza senza nessuna analisi critica rispetto a dei dati che invece avrebbero dovuto indurre a domande e a portare ad un serio approfondimento. Invece, come spesso accade, si è delegato alla magistratura il compito di controllare la correttezza di certe procedure. Solo però che questa volta, a farne le spese, sono state intere famiglie soprattutto bambini innocenti.