Gen Z e futuro del lavoro. Tutta un’altra storia

Torniamo a parlare di futuro del lavoro prendendo spunto da una recente indagine americana che ha analizzato come intelligenza artificiale e tecnologia impatteranno sul lavoro dei giovani della cosiddetta Gen Z, cioè quei ragazzi che sono nati tra il 1997 e il 2012. Secondo questo studio, infatti, circa il 49% dei lavoratori di età compresa tra 16 e 24 anni sono a rischio di perdere il proprio lavoro a causa dell’automazione. L’aspetto interessante è che per la maggior parte non stiamo parlando di lavoratori impiegati in fabbriche ad alta automazione, come quella dell’automotive per esempio. Questo gruppo di lavoratori della Gen Z, infatti, negli Stati Uniti rappresenta circa il 9% della forza lavoro, ma quasi il 40% dei cassieri e dei camerieri e quasi il 25% dei venditori al dettaglio , con l’80% di tali lavori suscettibili di evoluzioni nel senso di ordini automatici, pagamenti basati su sistemi swipe e lavastoviglie robotizzate.

Secondo questo studio, inoltre, le implicazioni non riguarderanno solo i lavori con una retribuzione di meno di $ 20 all’ora, ma anche sui lavori entry level negli uffici e nelle amministrazioni, che subiranno le conseguenze dell’introduzione di massa dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico.

La Gen Z si sta formando e sta finendo gli studi durante il periodo di automazione più radicale del XXI secolo. Dei 7,7 miliardi di persone del mondo, Millennials o Gen Y e Gen Z costituiranno il 64% della popolazione globale totale entro il 2020. Questi giovani che in tutto il mondo si stanno affacciando ora al mondo del lavoro si trovano dunque in una situazione in cui le basse competenze che tipicamente sono quelle di cui dispone un giovane appena uscito dalla scuola vengono progressivamente sostituite con l’impiego delle nuove tecnologie e le aziende richiedono sempre di più, invece, lavoratori altamente qualificati, quelli che tradizionalmente chiamiamo “senior”.

Per questi giovani, l’”emivita” dell’istruzione è probabilmente la più breve della storia dell’istituzione scolastica e il rischio di obsolescenza professionale è il più alto di qualunque altra generazione precedente. Buckminster Fuller ha coniato l’idea del raddoppiamento della conoscenza, cioè la conoscenza, in un determinato campo o applicazione umana, raddoppia a un ritmo prevedibile, ma accelerato. Fuller sosteneva che nel 1900 le conoscenze umane raddoppiavano ogni 100 anni, mentre nel 1950 le conoscenze raddoppiavano ogni 25 anni. Oggi è ampiamente accettato che la conoscenza raddoppia ad altissima velocità, ma a tassi diversi in campi diversi. La formazione medica fornisce un esempio interessante: entro il 2020 le conoscenze mediche potrebbero raddoppiare ogni 73 giorni.

In questo scenario, quindi, l’apprendimento continuo e lo sviluppo delle competenze non sono più uno strumento per una carriera di successo, ora è necessario per sopravvivere nel mondo del lavoro. Questa necessità ha anche un’altra ragione. Rispetto alle generazioni precedenti, lo scenario lavorativo cambia molto più velocemente. Se i Baby Boomers, per esempio, potevano pianificare la propria carriera nell’ambito di una stessa azienda per tutta la vita, in settori come il petrolchimico, dell’acciaio o delle telecomunicazioni, questo oggi non è più così semplice. Se infatti confrontiamo le classifica delle 500 aziende più importanti del Fortune 500 nel 1968 e nel 2018, scopriamo che di quelle presenti allora, oggi ne ritroviamo solo 5 e possiamo osservare un profondo cambiamento nella composizione delle aziende leader: oggi le società di retail, sanitarie e finanziarie hanno preso il posto delle società petrolchimiche, siderurgiche e di telecomunicazioni. I lavoratori della Gen Z dovranno dunque essere agili. Acquisire esperienza e sviluppare competenze che si applicano a tutti i settori sarà sempre di più un requisito fondamentale per sopravvivere nel mondo del lavoro.