Stop al business dell’immigrazione, con buona pace della propaganda dei sindaci

L’anno nuovo si è aperto con la protesta di una sparuta minoranza di sindaci sul Decreto Sicurezza approvato dal parlamento il 28 novembre 2018. Ma, al di là delle polemiche, cosa lamentano questi sindaci e qualche presidente di Regione?

Secondo loro “si è tolto il riconoscimento della residenza” e di “altri diritti anagrafici” a tutti gli stranieri. E ciò aprirebbe una serie di problematiche “legate anche al medico curante” o alla “possibilità di andare a lavorare”. Oltre a togliere tutta una serie di riconoscimenti e possibilità.
Se questo è il livello della protesta, allora delle due l’una: o questi sindaci non sanno leggere un decreto, e questo è grave. O fanno campagna elettorale mentendo, diffondendo falsità e lanciando messaggi di illegalità. E questo è ancora più grave. Quindi rispondiamo nel merito alle domande alle quali questa minoranza di sindaci non riesce a trovare risposta da circa 3 mesi.

E’ vero che il Decreto Sicurezza toglie la possibilità agli stranieri che necessitano di protezione internazionale di essere iscritti all’anagrafe della popolazione residente?

Falso! Tutti coloro ai quali è riconosciuta la protezione internazionale (cioè gli stranieri che, rientrando in speciali categorie, necessitano di specifica tutela) possono accedere al SIPROIMI (evoluzione degli SPRAR), beneficiano delle misure di integrazione e, naturalmente, possono essere iscritti all’anagrafe.
Stessa cosa vale per gli stranieri regolarmente soggiornanti non richiedenti asilo.
Invece, chi ha già un permesso umanitario in base alle norme precedenti rimane iscritto all’anagrafe fino alla scadenza del permesso. Dopo, può convertire il permesso in permesso di lavoro o per ricongiungimento familiare o ottenere uno dei permessi speciali, se la sua situazione glielo permette.
Per cui ciò che cambia è solo durante la fase tecnica di esame dell’istanza. Periodo di tempo limitato nel quale non si è iscritti all’anagrafe, ma senza nessuna perdita di diritti come sostenuto dalla fantasia (o mala fede?) di alcuni sindaci.

Questa modifica comporta limitazioni ai diritti di accoglienza, assistenza, sanitari o educativi?
No, assolutamente nessuna limitazione! Al richiedente asilo continuano a essere assicurati gli stessi servizi di accoglienza e di assistenza, le cure mediche e i servizi scolastici per i minori, della popolazione residente in base alle nuove norme.

Per capirci meglio stiamo parlando, in concreto, di circa 98.000 casi di richiedenti asilo. A fronte dei circa 4 milioni e mezzo di stranieri regolarmente residenti ad altro titolo, che possono essere iscritti all’anagrafe.
E la nostra intenzione è di risolvere queste situazioni entro l’anno. È un obiettivo che possiamo raggiungere anche grazie alla riduzione dei flussi di ingresso incontrollato e alle procedure di riconoscimento velocizzate, introdotte proprio dal Decreto sicurezza.

Al termine della procedura di riconoscimento e se la persona ha diritto a una forma di protezione, potrà essere regolarmente iscritta all’anagrafe, avendo una prospettiva stabile di presenza in Italia.

Quindi da dove arrivano queste necessità di modifica in tema di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo?
Ma proprio dai sindaci! Specialmente quelli dei comuni di piccole dimensioni. Cioè quelli che si erano trovati ad ospitare per lunghi periodi centri di accoglienza di grandi dimensioni sproporzionati rispetto alle loro capacità.
E proprio l’eccessivo numero di richiedenti asilo in piccoli centri, la permanenza prolungata, nuovi arrivi di continuo e l’incapacità dei governi precedenti di far fronte all’ emergenza diventata cronica, hanno finito per determinare un sovraccarico di lavoro per gli uffici anagrafe dei Comuni.
Comuni con poche unità di personale in servizio rispetto alle effettive necessità e scarsa capacità di assumere a causa dell’austerità imposta dai governi in passato.

Abbiamo ereditato un sistema di gestione del flusso migratorio al collasso che aveva permesso alla Mafia, con la complicità della politica, di usare l’immigrazione come business e di renderla più redditizia del traffico di droga.
Stiamo uscendo dall’emergenza e riportando il “sistema asilo” nazionale all’ordinario.

Per cui, torniamo alla domanda, in nome di chi o cosa protesta questa minoranza di sindaci?
Dal momento che diamo risposte più rapide sullo status del richiedente, riduciamo il “tempo di limbo”, cioè la fase transitoria in cui si trova lo straniero; dal momento che i richiedenti asilo continueranno a beneficiare degli stessi servizi di accoglienza e di assistenza, cure mediche, servizi scolastici per i bambini e ragazzi, indipendentemente dall’iscrizione anagrafica, è difficile rispondere alla domanda perché protestano sindaci di città che, tra l’altro, hanno ben altri problemi rispetto all’iscrizione all’anagrafe degli stranieri.

Come avete visto la protesta si smonta in dieci righe, legge alla mano.
Legge che i sindaci e i presidenti di regione dovrebbero conoscere e rispettare come tutti gli italiani. Non ergersi a novelli “Masaniello” senza statura.
Questi Sindaci e Presidenti di Regione tentano l’elettroshock ad una sinistra mummificata.
Ma bisognava pensarci prima. Ad esempio quando veniva approvato il Jobs Act, quando veniva approvato il Salva Banche, quando si approvava la Buona Scuola, quando la sinistra insieme a Mafia Capitale banchettava con i manovratori del business dell’immigrazione. Business oggi terminato grazie al dl sicurezza. Il Movimento 5 Stelle è stato lasciato solo, ad ultimo baluardo dei lavoratori, risparmiatori, alunni e insegnanti.
Protestare ora è come dare un’aspirina ad un defunto. Inutile. E incomprensibile agli occhi dei cittadini di Scampia o dello Zen di Palermo, che vedono i loro sindaci occuparsi di problemi inesistenti, invece che dei problemi reali!

Quello che stiamo cercando di fare come governo è mettere fine al business sull’immigrazione, che ha arricchito tante cooperative e altri soggetti, e dare sicurezza e certezze a cittadini da troppo dimenticati.