Abbattiamo il divario tra Nord e Sud

Togliere la polvere da sotto al tappeto. E’ il compito al quale è chiamato questo governo. Dare le risposte, trovare le soluzioni, sciogliere i nodi che si sono accumulati negli ultimi decenni determinando uno stato di paralisi e asfissia che ha spinto i cittadini italiani ad abbattere i vecchi schemi e a scegliere il cambiamento. Tra le questioni irrisolte che ha lasciato in eredità la vecchia politica c’è n’è una che mi riguarda in particolare e che considero La questione: quella del divario tra il Nord e il Sud.

A causa della crisi il Pil pro capite è diminuito in tutto il Paese, ma nelle regioni del Mezzogiorno la percentuale è scesa del doppio rispetto a quelle settentrionali. Le ragioni di questo “impoverimento differenziato” sono molte, ma mi soffermo su due in particolare. La prima è che al Nord il sistema produttivo e imprenditoriale, più solido e radicato, ha saputo reagire meglio alle avversità. La seconda è che negli ultimi anni il tema del Sud è stato affidato ad annunci roboanti, farciti di acronimi e definizioni (piani stralcio, pac, patti) che, di fatto, hanno ulteriormente burocratizzato il sistema degli interventi penalizzando l’erogazione delle risorse destinate agli investimenti.

Noi la questione invece intendiamo affrontarla di petto e abbiamo già cominciato. Non attraverso piani speciali, operazioni faraoniche e di propaganda che hanno sempre partorito il topolino, condannando il Sud alla retorica dei ri-lancio, ri-partenze, ri-costruzione.

L’unico risultato è stato l’aumento del divario.

L’istituzione dei Contratti istituzionali di sviluppo è una formula già avviata dal Presidente Conte per i comuni della provincia di Foggia che consente di realizzare investimenti, con la partecipazione e l’assunzione di responsabilità dei territori interessati, al fine di dare certezza sull’avvio e la conclusione delle opere. Si tratta di un modello che sarà replicato in tutto il Mezzogiorno proprio per superare i nodi burocratici e per mettere a sistema le diverse fonti di finanziamento.

Altri interventi che stiamo mettendo in campo: le semplificazioni per istituire le Zes, la ricognizione puntuale – con relative scadenze sugli impegni inderogabili – delle risorse allocate sul Fondo di sviluppo e coesione, il monitoraggio continuo e la verifica sulla coerenza nell’uso dei fondi strutturali europei. Tutti questi interventi rappresentano il solco da seguire per realizzare al meglio il lavoro che intendiamo realizzare. In questo modo il Sud finalmente avrà quei collegamenti che attende da decenni e che toglieranno dall’isolamento territori con risorse e prospettive finora soffocate. Penso, solo per fare alcuni esempi, a MateraCrotoneRagusa.

E ancora, collegare di più e meglio la ricerca alle università del Sud. In tal senso abbiamo già compiuto i primi passi e ho avviato l’istruttoria per finanziare due progetti di ricerca: uno a Catania e uno ad Amendolara (Cosenza).

Tra gli interventi da realizzare, e che insisto nel definire normali, c’è lo sfruttamento delle potenzialità, tanto enormi quanto paralizzate, del porto di Gioia Tauro. Mi sto spendendo per attrarre verso quella infrastruttura portuale investitori, anche dall’estero, utilizzando lo strumento della costituenda Zes. Una operazione che richiede una precondizione essenziale: sottrarre quell’area alla presenza della criminalità organizzata, che lo utilizza per il traffico di stupefacenti.

A questi interventi se ne aggiungono altri che partiranno in Puglia, Sardegna, Campania, Abruzzo e Molise.

In Legge di bilancio, tra le altre misure, ho inserito il vincolo di spesa del 34% della quota nazionale degli investimenti destinati al Sud, estesa anche al settore pubblico allargato: cioè ad Anas e Rfi. Questo vincolo ha criteri stringenti: non ha nulla a che vedere con la norma annacquata che vigeva prima del mio intervento. Della sua osservanza se ne darà conto nel Documento di economia e finanza.

Oggi però alcuni affermano che il divario tra Nord e Sud avrebbe un nuovo “nemico”: l’autonomia rafforzata. Allarmismi, catastrofismi, notizie prive di fondamento oggettivo che alimentano la contrapposizione nel Paese e non favoriscono il dialogo sereno che alcune scelte pretendono. Rifiuto la logica secondo la quale il Sud dovrebbe restare, o sentirsi, un fratello minore perché ha tutti i presupposti – e non posso credere che ci siano ragioni per impedirlo – per esigere le stesse condizioni nel fare impresa e nell’accesso ai servizi che ci sono nel resto del Paese. Per questa ragione il percorso il percorso dell’autonomia rafforzata, un diritto per i cittadini delle Regioni che la richiedono, ci sarà nel rispetto di tutti i principi costituzionali – compresi quelli in materia di coordinamento della finanza pubblica -, che rappresentano un perimetro invalicabile. Saranno pienamente rispettati il principio di solidarietà tra Regioni e saranno individuati e garantiti i Lep (Livelli essenziali di prestazione). Anche nel caso dell’autonomia rafforzata, quindi, si tratta di intervenire con diligenza e attenzione per costruire un’Italia più forte, unita e omogenea.