Non privatizzeremo mai il diritto alla Salute dei cittadini

“40 anni di Servizio Sanitario Nazionale – la sfida continua”. Guarda la diretta dell’evento ⤵ #40SSN

Pubblicato da Giulia Grillo su Mercoledì 12 dicembre 2018

Il discorso del Ministro Giulia Grillo in occasione dei 40 anni del Servizio sanitario nazionale.

È un grande onore essere qui con voi tutti per celebrare i 40 anni del nostro Servizio sanitario nazionale. Grazie Presidente Mattarella a nome mio e di tutti gli Italiani per averci onorato della Sua presenza.

Per me è motivo di orgoglio aver riunito qui nel nostro ministero tutte le anime che compongono il nostro Servizio Sanitario Nazionale.

Ho ritenuto fosse doveroso ospitare qui, a casa nostra, le più alte cariche dello Stato per dare un segno di vicinanza agli oltre due milioni di cittadini che ogni giorno lavorano nelle corsie, negli ambulatori, nei presìdi sul territorio, nelle farmacie, nelle amministrazioni della sanità del nostro Paese, di tutto il Paese al servizio dei cittadini e della loro salute.

I nostri padri costituenti hanno scritto a chiare lettere nella carta costituzionale che quello alla salute è un diritto “fondamentale”. Solo così ogni cittadino può vivere nella certezza che la Repubblica tutela la Salute nel pieno rispetto della persona umana, nell’interesse della collettività e indipendentemente dalle condizioni sociali e di reddito.

Siamo qui per celebrare l’istituzione del nostro Servizio sanitario grazie alla legge 833 del 1978, firmata dalla prima donna ministro della Repubblica, Tina Anselmi, che voglio oggi ricordare per il suo luminoso impegno. È anche grazie a questo impegno se oggi abbiamo il sistema sanitario, che è un organismo vivo, che si evolve ed è destinato a cambiare ancora per rispondere sempre meglio alle esigenze dei cittadini.

Oggi celebriamo un patrimonio di idee e di organizzazione, di lavoro e di strutture, di scienza, ma anche di umanità che dà corpo al nostro Sistema Sanitario Nazionale.

Un progetto che diventa reale ogni giorno, soltanto grazie al lavoro delle donne e degli uomini che lo rendono concreto ad ogni livello e che ne fanno la storia. A loro va il nostro GRAZIE!!!!

Nell’Italia delle mutue, migliaia di italiani, i più poveri, non avevano spesso accesso alle cure. Il paziente non era protagonista delle scelte di salute che lo riguardavano, ma per lo più passivo destinatario di indicazioni dirette dall’alto.

Tutto questo era destinato a mostrare i segni del tempo, in un’Italia che dopo aver consolidato un diffuso benessere economico voleva consolidare il sistema dei diritti.

Negli anni ‘70, i tempi erano ormai maturi perché anche il sistema dell’assistenza si dotasse di regole nuove, di una visione moderna e finalmente equa, attraverso un’organizzazione che attuasse pienamente i principi della Costituzione.

Al termine di un anno travagliato come il 1978, il Paese riuscì tuttavia a esprimere tre fondamentali leggi sanitarie, che dopo 40 anni sono ancora patrimonio sociale: la legge 180, la cosiddetta Legge Basaglia che permise la chiusura dei manicomi e la legge 194 sulla maternità che eliminò il dramma degli aborti clandestini.

L’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale diventa un punto d’arrivo quasi naturale per un Paese che chiedeva di entrare pienamente nella contemporaneità, ponendosi all’avanguardia nella difesa e valorizzazione dei diritti di cittadinanza.

Le legge 833 fu una rivoluzione, perché sancì la responsabilità pubblica della tutela della salute, l’universalità e l’equità di accesso ai servizi sanitari, una globalità di copertura in base ai livelli essenziali di assistenza, il finanziamento pubblico dei servizi attraverso la fiscalità generale, la titolarità dei diritti in tutto il territorio nazionale e la reciproca assistenza tra le regioni.

Oltre all’aspetto curativo e terapeutico, assunsero rilevanza la prevenzione e la riabilitazione.
Questa legge rese l’Italia un modello di civiltà e di avanguardia nelle politiche sanitarie e sociali in Europa e, lo affermo con molto orgoglio, in tutto il mondo. Oggi siamo chiamati a mantenere vivo lo spirito che originò questa grande riforma.
Il Ssn resta la più grande infrastruttura del nostro Paese, la più grande opera pubblica mai costruita. Ma come tutte le opere ha necessità di essere periodicamente ristrutturata. In 40 anni l’Italia è mutata profondamente.

È mutata la società, sono mutate le regole di convivenza civile, è mutata la sensibilità con cui ci approcciamo alle sfide di salute.

Oggi si vive di più. La qualità media dei nostri servizi assistenziali non è paragonabile a quella di 40 anni fa. La preparazione dei professionisti della salute è a livelli d’eccellenza che ci vengono riconosciuti in ambito internazionale.

La giornata di oggi deve rappresentare un’occasione per riflettere sulla contemporaneità del SSN e rilanciarne il messaggio di universalismo e coesione territoriale.

Perché oggi il problema non è spendere meno, ma spendere meglio. Mi piacerebbe che affrontassimo il tema della salute dei cittadini in termini di investimento per il futuro.

Il sistema salute rappresenta oltre l’11% dell’intero PIL, e quindi costituisce una grande opportunità per i cittadini e per lo sviluppo virtuoso del Paese.

Noi oggi abbiamo dovuto limitare le testimonianze per ragioni di organizzazione, ma le sette persone che hanno qui raccontato la propria storia, rappresentano gli oltre 2 milioni di persone che ogni giorno lavorano nella prima impresa del Paese, quella della salute. E a tutti loro va il nostro profondo ringraziamento.

Questo Governo e questo Ministero si sono impegnati ad apportare un cambiamento, teso a garantire un potenziamento e un ampliamento dei diritti di salute e a rendere possibile un nuovo paradigma capace di favorire l’accessibilità al SSN e migliorare la qualità e la sicurezza delle prestazioni.

Un accesso che deve essere equo, tempestivo e non eccessivamente oneroso.

Il Sistema Sanitario Nazionale ha dimostrato, dati alla mano, di poter reggere il confronto con quello di altri Paesi europei che, con una spesa maggiore, non riescono a garantire la stessa efficienza e il nostro universalismo.

Il successo o l’insuccesso sarà determinato esclusivamente dalla capacità di individuare un nuovo modello e rimediare alle storture oggi presenti, eliminando le dispersioni di denaro pubblico e soppesando attentamente quale sia la migliore qualità delle prestazioni per ogni livello di spesa.

Non possiamo permetterci sbagli né alcune debolezze del passato.

Abbiamo già iniziato a rivedere il modello della governance nel settore farmaceutico e quello dei dispositivi medici. Non è sufficiente.

Non agiremmo in modo corretto se ci limitassimo semplicemente a raccogliere il testimone che ci è stato consegnato. È nostro compito migliorare il Sistema Sanitario, con un visione per il futuro.

Possiamo fare questo innanzitutto puntando sui nostri giovani: il capitolo della formazione in ambito medico e sanitario è strettamente connesso al futuro del Servizio sanitario. Dobbiamo mettere in pratica ogni sforzo necessario, superando lo scontro politico, per dare prospettive al nostro Paese. Occorre trovare soluzioni pratiche in breve tempo.
Senza le nuove generazioni, il servizio sanitario non ha futuro.

Dal 2001, con la riforma del Titolo V, le Regioni hanno giocato un ruolo sempre più importante come motore della sanità italiana. Si è trattato di un percorso lungo e che ancora non può dirsi compiuto.

Dobbiamo lavorare insieme per sanare le intollerabili disparità tra diverse aree del Paese nell’accesso a trattamenti fondamentali.

Il divario di accesso, soprattutto tra Regioni, ma anche all’interno di una stessa Regione, ci costringe a riconoscere come rimangano aree del Paese in cui i cittadini non sono ancora equamente tutelati. E questo non è tollerabile.

Lo Stato “determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”. Il nuovo modello disegnato dall’articolo 117 della Costituzione ha spostato il centro di assunzione delle scelte organizzative e gestionali in una sede più vicina al cittadino e al territorio.

Questa straordinaria opportunità ha però anche enfatizzato le differenze tra le Regioni che hanno garantito un’efficiente amministrazione e quelle in cui, per un ritardo di partenza o per incapacità delle classi dirigenti, la qualità delle prestazioni è rimasta immutata o è peggiorata.

Ciò si è tradotto non soltanto in un’emigrazione sanitaria che in certi territori ha assunto caratteri allarmanti, ma nel rischio di una disgregazione del Sistema.

Oggi da parte di alcuni territori arriva forte la richiesta di maggiore autonomia, ma queste istanze devono necessariamente tener conto dell’assetto costituzionale esistente, i cui capisaldi sono rappresentati proprio dalla necessità di una tutela uniforme del diritto alla salute.

Questo giusto processo tuttavia, e lo voglio dire chiaramente, non può tradursi in un allentamento del vincolo solidaristico, senza il quale diverrebbe sempre più inarrestabile la deriva delle realtà più svantaggiate.

L’attuale equilibrio di poteri può essere rimesso in discussione, ma soltanto se alla fine consentirà di continuare a garantire un Sistema Sanitario autenticamente Nazionale, in cui ogni cittadino possa venire curato e assistito allo stesso modo, indipendentemente da dove egli viva.

La trasparenza e il merito sono armi già a disposizione delle amministrazioni per effettuare nomine nella sanità di alto livello morale e scientifico, che spingano sull’acceleratore del cambiamento.

Possiamo cambiare: i Governatori siano alleati del Ministero per vincere la battaglia della lotta alla corruzione, al malgoverno, per promuovere servizi migliori. Siamo dalla stessa parte, non importa con quale bandiera di riferimento, dobbiamo dare risposte ai cittadini e garantire la tenuta del sistema.

È una sfida ad alta complessità. Ma deve essere affrontata, senza protagonismi, con il concorso di tutti gli attori che oggi danno vita all’offerta sanitaria, sia a livello politico sia a livello gestionale.

Ancora una volta, come 40 anni fa, siamo chiamati tutti assieme a costruire il futuro del nostro sistema sanitario.

Mi piacerebbe che il prossimo patto della Salute fosse un patto di solidarietà per trovare soluzioni condivise e arginare le disparità territoriali.

Il Ministero sta facendo la sua parte, facilitando il dialogo tra gli interlocutori nei vari livelli.

Devono partecipare, in ottica di sussidiarietà, la Pubblica amministrazione, le Regioni, i Comuni, i sindacati, le associazioni di categoria, le associazioni, il privato-sociale, insieme a tutti i cittadini. Dobbiamo sentirci tutti protagonisti del futuro del prossimo Sistema sanitario nazionale.

Solo così la sanità potrà continuare a essere fiore all’occhiello del nostro Paese ed essere considerata un settore produttivo ad alto valore aggiunto per la nostra economia, valorizzando la ricerca, anche attraverso lo sviluppo competitivo di idee e brevetti e promuovendo la cultura scientifica.

Vi posso assicurare che non cederemo alla privatizzazione dei diritti fondamentali dei cittadini: universalismo, gratuità ed equità continueranno a essere la base del nostro sistema di cure.

Auguri al Servizio Sanitario Nazionale, auguri all’Italia che guarda al futuro senza tradire i propri principi fondanti che sono vivi nella nostra Costituzione e nel nostro cuore.