Solo il MoVimento difende la libertà d’espressione in Rete #NoLeggeGambaro

 

di Manlio Di Stefano

Laura Boldrini, Giovanni Pitruzzella e, in parte, il Ministro della Giustizia Andrea Orlando lo avevano chiesto con una campagna a mezzo stampa incessante. La loro azione è andata a buon fine: la legge per il bavaglio del web, o censura perché di questo parliamo, ha un nome: ddl Gambaro. (eh sì, la stessa che grazie al web si è accomodata al Senato per poi tradire i suoi elettori).
Dalle “armi di distruzione di massa in Iraq” al “viagra utilizzato dalle truppe di Gheddafi per stuprare le bambine” passando per la totale mistificazione della realtà politica nazionale, sono migliaia i casi di “fake news“, o meglio bufale, dei media tradizionali smascherate dalla rete. Rete che negli ultimi anni ha sostituito di fatto i media tradizionali in quanto a diffusione di informazioni e di analisi critiche. Rete che, proprio per questo, si vuole silenziare. Non potendo più controllare e manipolare l’opinione pubblica come in passato, si tenta di schiacciarla e toglierle gli strumenti del nuovo millennio. Il tutto, stimolato dal Brexit e dalla vittoria di Trump viste come un attentato al dominio dell’establishment, è iniziato negli Stati Uniti e sta proseguendo in Germania, Francia e Italia – tre paesi dove ci saranno elezioni a breve, una coincidenza? No. Negli ultimi mesi vi abbiamo scritto come non sia un caso e come la libertà d’espressione della rete sia in pericolo.

Cosa prevede la legge vergogna a prima firma Gambaro sostenuta da quasi tutti i partiti dell’arco parlamentare tranne il Movimento 5 Stelle? Una multa fino a 5 mila euro per “chiunque pubblica o diffonde” online “notizie false, esagerate o tendenziose che riguardino dati o fatti infondati o falsi“. Nel caso vi si aggiunga anche diffamazione, “la somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione della notizia“. Se poi la “fake news” è tale da “destare pubblico allarme“, o “fuorviare settori dell’opinione pubblica“, l’articolo 2 aggiunge ai 5 mila euro di multa anche un anno di reclusione. Di fatto significa criminalizzare la propaganda. Quando poi ancora quella propaganda sia una “campagna d’odio” contro un individuo, o possa “minare il processo democratico, anche a fini politici“, gli anni di reclusione diventano due e l’ammenda sale a 10 mila euro.

Si chiede giustamente Fabio Chiusi su Valigia Blu: “Chi decide quali notizie siano “esagerate” o “tendenziose”? Come si stabilisce che ne è colpito un “settore dell’opinione pubblica”, qualunque cosa significhi? E ancora: per essere colpevoli basta “diffondere” un simile contenuto: significa che basta un retweet dato con troppa leggerezza, per rischiare il carcere“. Si evocano scenari di orwelliana e dittatoriale memoria.

Tutti i partiti che hanno distrutto il nostro paese – da Forza Italia al Pd, dalla Lega Nord a NCD – hanno messo la loro firma su questa legge vergogna, che parla di “selettori software” con una generica responsabilità degli intermediari – Facebook e Google principalmente – a monitorare “costantemente” i contenuti dei propri utenti. Si tratta, come afferma correttamente Chiusi, di quei “filtri preventivi” richiesti da mesi da Laura Boldrini. E aggiungo io, quando abbiamo elevato dei “contenitori” di libere riflessioni (i social) a editori con responsabilità di indirizzo politico e sociale? Il web è nato per accorciare le distanze ed eliminare gli intermediari e si è sviluppato esponenzialmente grazie alla sua capacità di smantellare i pulpiti degli oratori illustri e politicizzati e creare reti tra liberi pensatori, nel bene e nel male. Chi ritiene di poter trasformare il web in un mondo fatato e patinato che non rappresenta la realtà del mondo reale, esattamente come fa la televisione, non sa di cosa parla e non conosce, socialmente e tecnicamente il web.
Sarebbe stato bello, questo sì, leggere una proposta di legge sulla cultura digitale e la formazione al senso critico che parta dal mondo della scuola d’infanzia, ma forse chiediamo troppo a questa classe politica obsoleta. Le bufale, le fake news, non si trovano in rete, le pagate 1 euro e 50 centesimi in edicola e col canone RAI quando accendete la televisione, ma la censura la vogliono imporre al web. Le balle in tv e sui giornali continueranno a circolare liberamente.

Contro questa legge il Movimento 5 Stelle si opporrà in tutti i modi possibili, ma abbiamo bisogno del vostro aiuto: in ballo c’è il futuro della libertà d’espressione in questo paese e la mobilitazione da oggi in poi deve essere costante e permanente.

Ps: Per le questioni inerenti le amministrazioni guidate dal MoVimento 5 Stelle gli unici titolati a parlare, in nome e per conto del M5S, sono gli eletti. Chiunque altro si esprime solo a titolo personale e come tale devono essere prese le sue dichiarazioni.

Pps: Sullo stadio della Roma decidono la giunta e i consiglieri. I parlamentari pensino al loro lavoro.