Fibra ottica, il triangolo no

Negli ultimi mesi il settore delle telecomunicazioni italiane è stato interessato da diversi movimenti di una certa rilevanza, che hanno coinvolto anche attori extra-nazionali. C’è un tentativo di dar vita a nuovi equilibri sistemici, ed è ovvio che in questa partita strategica Berlusconi stia facendo la sua parte, con il decisivo sostegno del Governo in carica. Anche sul decisivo settore delle telecomunicazioni, quindi, potrebbe appoggiarsi il famoso Patto del Nazareno, che al di là del teatrino mediatico sembra ancora in ottima salute. Verdini, avanguardia berlusconiana che puntella la maggioranza a guida Pd, è lì a ricordarcelo ogni giorno.

Vediamo allora di fissare qualche punto importante.

Si è appreso da fonti di stampa di qualche giorno fa che Telecom Italia avrebbe avanzato a Cassa Depositi e Prestiti un’offerta di 820 milioni di euro, valida per una settimana, per Metroweb S.p.a. Se l’offerta dovesse andare in porto, la posizione dominante di Telecom nel settore si estenderebbe all’infrastruttura del futuro, quella in fibra ottica (banda ultra-larga). Metroweb è infatti una delle due principali società pubbliche attive nel settore Tlc, insieme ad Infratel. Metroweb, ex municipalizzata del Comune di Milano, ha cablato l’intera città meneghina con la fibra ottica, consentendo agli operatori di offrire servizi FTTH (Fiber To The Home, ovvero fibra ottica direttamente nelle abitazioni). È controllata da Cassa Depositi e Prestiti attraverso le due partecipate di CDP: F2I e FSI. Non è un caso che l’attuale Governo abbia di recente cambiato i vertici di CDP, mettendo da parte l’ex Presidente Franco Bassanini, che aveva in mente, come noto, lo sviluppo della rete in fibra per mezzo di una società a maggioranza pubblica.
Va detto che Telecom Italia già oggi beneficia di una posizione dominante nella partita sulla fibra ottica, perché si è aggiudicata tutti i bandi pubblici promossi da Infratel nelle zone nazionali in cui il mercato non ha interesse ad investire (cluster C). I bandi del cluster C garantiscono a Telecom anche la proprietà dell’infrastruttura di rete in fibra, nonostante i due terzi dei costi siano stati finanziati dalle casse pubbliche. Cedere Metroweb a Telecom Italia significa quindi rafforzare ulteriormente la rendita di posizione di una società privata, contro gli stessi proclami dell’attuale Presidente del Consiglio, che nel 2012, in vista delle primarie Pd, aveva scritto nero su bianco nel suo programma di voler investire nella fibra ottica attraverso un attore pubblico che avrebbe mantenuto la proprietà delle infrastrutture.

Ma veniamo al nodo cruciale. Telecom Italia ha subito nei mesi passati la scalata di Vivendì, società francese attiva nel settore telecomunicazioni che vede come Presidente Vincent Bolloré, storico amico di Berlusconi. Vivendì possiede oggi il pacchetto di maggioranza relativa di Telecom (24,9%, mentre il 10,033% è in mano al fondo Rock Investement del francese Xavier Niel); ha nominato quindi nel Cda quattro consiglieri e il vice-presidente, che è l’Amministratore delegato della stessa Vivendì. La società transalpina ha di recente concluso con Mediaset un affare decisivo: il 3,5% di Vivendì è passato nelle mani di Mediaset (che diventa terzo azionista dopo lo stesso Bolloré e il fondo americano Black Rock) in cambio del 3,5% di Mediaset e del 100% della controllata Mediaset Premium. In questo modo non solo Vivendì ha consolidato la sua posizione nel mercato italiano delle telecomunicazioni, ma ha consentito a Mediaset di mettere un piede in Telecom.

Siamo davanti ad un fitto gioco di partecipazioni incrociate che ha un fine implicito ben preciso: dare alla luce una media company privata di matrice italo-francese, con in primo piano l’asse Berlusconi-Bolloré. Un’infrastruttura strategica, quale è la fibra ottica, viene così data in pasto ai privati, senza nessun controllo pubblico sull’infrastruttura strategica. In un settore fondamentale per la democrazia, le regole del mercato, che nella realtà sono molto lontane dalla teoria rassicurante della concorrenza perfetta, vengono preferite alla gestione e al controllo pubblico. Il M5S si oppone con forza a questa deriva liberista, che nasconde sotto la superficie gli interessi strategici dei soliti noti, con la preoccupante partecipazione di un Governo estero. Un’interrogazione parlamentare è stata presentata proprio oggi.

Si aggiunga che il triangolo Telecom-Mediaset-Vivendì metterebbe in seria difficoltà due società pubbliche del settore: la Rai, il cui valore azionario sarebbe minacciato dal nuovo gigante, ed Enel Open Fiber, neonata società di Enel Spa, di cui lo Stato italiano risulta il principale azionista (23,6% di quote). Enel Open Fiber è stata concepita proprio per investire nel progetto della fibra ottica e i recenti sconvolgimenti ne potrebbero ridimensionare drasticamente il raggio d’azione.
Dobbiamo chiederci, in chiusura, perché il Governo italiano consente ad un attore straniero, Vivendì, di influenzare con forza il settore nazionale delle Tlc. Se gli interessi del Governo a guida Pd e di Berlusconi combaciano naturalmente (favori nel settore Tlc in cambio di un sostegno mascherato in Parlamento), non si capisce perché mettere in pericolo quel poco di autonomia nazionale rimasta. Una risposta convincente sta nel peso specifico che Vincent Bolloré può vantare in Assicurazioni Generali, le quali detengono 63,8 miliardi di titoli di Stato italiani su 163 miliardi di investimenti in obbligazioni sovrane (di cui il 19% francesi). Il Governo italiano, volente o nolente, è sotto ricatto, perché un disimpegno di Assicurazioni Generali sui titoli di Stato manderebbe in fumo la fiducia sul nostro debito ottenuta faticosamente a colpi di Quantitative Easing. É il paradosso naturale di un’economia sempre più liberalizzata, ormai priva di qualsiasi strumento di controllo sul sistema finanziario e creditizio, e senza la possibilità di tenere sotto controllo i tassi di interesse con l’ausilio di Banca d’Italia. Bolloré e Berlusconi, intanto, ringraziano…