La vera storia del salvataggio della Tagina

di Giorgio Sorial, vice capo di gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico

Bob Dylan diceva: “Non criticare quello che non puoi capire”. E penso che questa frase, da oggi e per i prossimi giorni, debba essere rivolta ai tanti che in queste ore criticano senza aver compreso né tanto meno agito per risolvere le numerose crisi aziendali che hanno colpito negli scorsi anni il nostro Paese, anche a causa di politiche economiche contro producenti e ragionamenti industriali vetusti.

Oggi vi vorrei parlare quindi dello splendido risultato ottenuto ieri dal Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, a favore dei lavoratori e dell’azienda Tagina Ceramiche D’Arte di Gualdo Tadino, in provincia di Perugia.

La Tagina è un’azienda che oggi conta circa 150 dipendenti, si occupa della produzione di ceramiche di medio alto livello, è un marchio storico ed uno degli ultimi presidi industriali rimasti su quel territorio e che purtroppo, da qualche anno, si è trovato ad affrontare grosse difficoltà.

L’azienda negli anni migliori era riuscita ad impiegare 235 dipendenti, ma poi i primi segnali di difficoltà nel 2014 ed un 2015 chiuso con pesantissime perdite, ha portato alla chiusura di uno stabilimento produttivo (il n.2) e la messa in esubero di 70-80 persone. Quello fu l’inizio di una lunga serie di problematiche che portarono l’azienda a spegnere i forni e a terminare l’attività produttiva a fine 2017, presentando a gennaio 2018 la domanda di concordato in bianco con prospettive di liquidazione.

Una situazione di profonda crisi perdurata per almeno tre anni, che portarono l’azienda a fare un profondo e continuo uso di ammortizzatori sociali.

Tant’è che l’azienda si ritrova oggi ad aver usufruito del periodo massimo complessivo di integrazione salariale: 24 mesi in un quinquennio mobile, che possono aumentare in ragione dell’utilizzo di CIGS, a seguito di stipula di un contratto di solidarietà (questa viene conteggiata per la metà ai fini del computo dei 24 mesi, come previsto dalla normativa vigente).

Nella fattispecie, l’azienda ha usufruito di 12 mesi di CIGS per crisi aziendale per il periodo dal 18 gennaio 2016 al 17 gennaio 2017 e di ulteriori 12 mesi di CIGS a seguito di stipula di contratto di solidarietà per il periodo dal 18 gennaio 2017 al 17 gennaio 2018. Questi ultimi 12 mesi, ai fini del conteggio del limite massimo complessivamente utilizzabile, vengono computati per la metà, per cui rilevano per 6 mesi, per un totale complessivo di 18 mesi.
Gli ulteriori 6 mesi disponibili sono stati utilizzati come cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), richiesta all’Inps fino alla data del 3 agosto 2018.

Negli ultimi mesi si è però verificata una significativa modifica della compagine sociale che ha comportato l’acquisizione del pacchetto azionario da parte di un altro soggetto imprenditoriale. L’acquisizione del pacchetto azionario, pur incidendo in modo significativo sugli assetti proprietari di un’azienda, non ha permesso però alla società la possibilità di riconoscere nuovi periodi di CIGS, come avviene nell’ipotesi del trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c., in cui il computo della CIGS viene effettuato in capo al soggetto acquirente, per cui sostanzialmente riparte dall’inizio.

Questo per colpa del Jobs Act, che ha modificato la normativa eliminando la possibilità – per le imprese che presentavano un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale a seguito di una avvenuta significativa trasformazione del loro assetto proprietario, che avesse determinato rilevanti apporti di capitali ed investimenti produttivi – di non computare eventuali periodi di CIGS già utilizzati prima della trasformazione societaria, ai fini del raggiungimento del limite massimo complessivo di integrazione salariale utilizzabile (art. 1, comma 10, della legge n. 223/1991).
Il Jobs Act ha purtroppo portato così molte altre aziende italiane in condizioni di estrema difficoltà. Perché nonostante ci possano essere per loro chiare e immediate possibilità di reindustrializzazione, si ritrovano orfane di uno strumento che permetteva la concessione di un ammortizzatore sociale in grado di accompagnare l’azienda verso un nuovo rilancio.

Per questi motivi, fin da primi di luglio, vi è stata una corrispondenza tra gli uffici del Ministero del Lavoro e l’azienda, a cui è seguito un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico con i titolari dell’azienda per formalizzare il percorso da intraprendere.

Questo percorso è stato identificato nella definizione di una nuova norma che permettesse di estendere a favore delle imprese e dei lavoratori operanti nelle aree interessate dagli accordi di programma, attivati ai sensi delle previsioni di cui alla legge 23 luglio 2009 n. 99, gli interventi disciplinati dall’articolo 44 comma 11 bis del D.Lgs 148/2015 e dall’articolo 53 ter del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 convertito dalla legge 21 giugno 2017 n. 96.

Ossia, in parole semplici, quella di estendere la disciplina degli interventi delle aree di crisi complessa (le deroghe alla durata massima dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria riconosciute ai sensi dell’articolo 27 del decreto legge 83/2012) alle aree interessate da accordi stipulati ai sensi della previgente disciplina di cui alla legge 99/2009.

Questo grazie alla nostra chiara volontà di salvaguardare i lavoratori e le imprese che operano in aree che evidenziano gravi problematiche connesse alla reindustrializzazione, ma che erano interessate da accordi di programma o riconosciute quali aree di crisi industriale complessa ai sensi delle norme previgenti, come per l’accordo relativo alla reindutrializzazione del territorio Umbro Marchigiano interessato dalla crisi della A. Merloni Spa in amministrazione straordinaria.

Tale norma è stata quindi presentata al decreto mille proroghe in discussione alla Camera dei Deputati da parte del gruppo del M5S, ricevendo l’ammissibilità da parte degli uffici della Camera e il parere favorevole da parte della ragioneria, ed è stata quindi votata in commissione alla Camera dei Deputati durante la discussione del decreto, divenendo parte integrante del testo che verrà votato in aula.

Come è così chiaro a tutti, per risolvere questa situazione oltre alla volontà espressa da parte del Governo, c’è voluto il lavoro coordinato assieme al Legislatore. Un lavoro tecnico, che ha portato al risultato ottenuto grazie alla determinazione di tutti gli attori del procedimento.

Chi oggi parla “a vanvera” di ritardi nella cassa integrazione, chiaramente nonostante il ruolo politico, poco comprende delle tematiche inerenti le politiche dello sviluppo economico, del lavoro e dell’integrazione salariale.

Comprendo così la grande frustrazione che stanno manifestando in queste ore dalle parti della giunta della Regione Umbria (a guida PD) e nei pressi degli uffici del Sindaco di Gualdo Tadino (PD) nell’apprendere che la situazione di incertezza perpetrata negli anni per un’azienda e per i loro lavoratori, sia conseguente alle controproducenti politiche del precedente Governo nazionale, del loro stesso colore politico.

E non vorrei nemmeno essere nei loro panni, nel leggere che proprio l’impossibilità nel fornire la cassa integrazione per accompagnare la società nella ripartenza e nello sviluppo, sia frutto di un provvedimento quale il Jobs Act, così tanto sbandierato e decantato proprio da lor signori.

Ma si sa, ormai a seguito degli importanti, e continui risultati che stiamo ottenendo per i lavoratori e per le imprese, a rosicare sono in tanti.
Ciò che però è importante dire, è che a noi, di tutte queste parole al vento da parte di esponenti politici che avrebbero potuto fare qualcosa, e non hanno fatto, poco importa.

C’è un bene più importante, che stiamo dimostrando, con i fatti, di tutelare: il lavoro e lo sviluppo economico del nostro Paese. Noi continueremo nella strada intrapresa per cercare, con tutte le nostre forze, di creare le condizioni migliori per lo sviluppo delle attività imprenditoriali e dei livelli occupazionali sul territorio, guardando soprattutto con buon occhio a tutti coloro che dimostreranno di poter fare investimenti di cui possa beneficiare tutta la comunità locale.

Faccio un forte di augurio di prosperità e di serenità ai titolari dell’azienda ed ai lavoratori di Tagina, con cui siamo in contatto e con i quali continueremo a collaborare come fatto fin oggi, dando un chiaro e forte messaggio a tutti di cosa, secondo noi, dovrebbe rappresentare lo Stato e di come dovrebbe sempre comportarsi, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese e dei suoi lavoratori.
Per questo spero di vedervi giovedì a Gualdo Tadino (Pg) con il ministro Di Maio per un incontro con azienda e lavoratori.

Ps. Se qualcuno del Pd volesse venire a dirci qualcosa personalmente saremo ben lieti di vederli uscire dalle pagine patinate dei giornali di partito, da cui dichiarano falsità, e vederli finalmente in mezzo alla gente, magari a raccontare a quegli stessi lavoratori che attendevano risposte, del perché di certi loro provvedimenti che hanno imbrigliato lo sviluppo del Paese e dei lavoratori.

Noi intanto continuiamo a lavorare per il bene dei cittadini italiani.