Così stiamo riparando le storture introdotte dal jobs act

Di seguito l’intervista rilasciata da Luigi Di Maio a Franco Bechis per il Corriere dell’Umbria

Ieri è stato in Umbria a incontrare i lavoratori della Tagina. Uno dei tanti casi di crisi industriale che purtroppo si sono moltiplicati nella Regione in questi anni. Questo più felice degli altri perché l’azienda ha trovato un compratore e in attesa di rimetterla in funzione il ministero ha trovato un modo per concedere ammortizzatori sociali a 60 dei 150 dipendenti.

-Questo risultato è frutto di un meticoloso lavoro per riparare alle tante storture introdotte dal jobs act. La Cassa integrazione per cessazione, da fine settembre e almeno per i prossimi due anni, darà ai lavoratori delle aziende cessate la possibilità di non restare senza ammortizzatori nell’attesa di una ricollocazione. È una promessa che dovevo agli operai Bekaert una delle aziende che è scappata all’estero lasciandoli per strada.

Lei ministro in un post su FB aveva annunciato con enfasi “Noi abbiamo salvato la Tagina”. Quella rivendicazione ha suscitato reazioni polemiche, perché (ed è vero) il salvataggio vero e proprio viene da un nuovo azionista, ma anche perché l’amministrazione regionale sostiene di avere avuto lei l’idea per rendere possibile la Cig ai lavoratori. Chi ha ragione?

-L’intervento del Ministero ha consentito al nuovo azionista di poter ripristinare le linee produttive senza effettuare licenziamenti. Se non fossimo intervenuti con i tecnici del Ministero del Lavoro e non avessimo inserito nel “proroga termini” un emendamento volto ad estendere ai lavoratori della Tagina i benefici previsti per le aree di crisi, oggi avremmo 60 disoccupati in più. È stato un lavoro fatto tra tutti gli attori interessati quindi anche la Regione. Ma il passo decisivo su questo punto è stato compiuto grazie all’intervento del Governo.

Risolto un caso ne restano aperti molti altri. Da tempo altri cento lavoratori della Nardi di Città di Castello sono sospesi sul filo perché incombe la chiusura dell’azienda e il rischio di licenziamenti di dipendenti con età media superiore ai 50 anni. Il rischio è di aumentare le fila degli esodati. Per loro come per i tanti altri che rischiano di restare senza lavoro e senza protezione sociale, che cosa ha in mente il ministero?

-Il passaggio societario avvenuto a fine 2017 al momento non ha portato risultati, i lavoratori sono oggi in cassa integrazione. È necessario avviare un’azione di scouting per trovare nuovi investitori. È un’azienda che ha oltre 100 anni di storia. Non abbandoneremo queste maestranze, la cassa integrazione per cessazione mira a tutelare proprio le aziende in crisi. Come già detto prima stiamo lavorando per far ripartire azioni di sostegno sociale alle aziende in crisi.

Le crisi ci sono e hanno radici antiche. Lei è anche ministro dello sviluppo economico. Come sa le associazioni industriali sostengono che quella parola -“sviluppo”- sarebbe frenata dai primi provvedimenti economici del nuovo governo, a cominciare proprio dal suo decreto dignità. E al di là di quello (che è entrato in vigore dopo), i dati appena usciti sulla produzione industriale fanno immaginare una frenata dell’economia italiana. Che benzina immagina di mettere per invertire la rotta?

-Partiamo da cosa possiamo fare nell’immediato per le imprese: assicurargli la riscossione dei loro crediti. E’ allo studio un progetto con Cassa Depositi e Prestiti per sbloccare i crediti delle imprese con la PA. Questa mi sembra una misura fondamentale. Poi rifinanzieremo i contratti di sviluppo, la legge 181 sulle aree di crisi, oltre alle misure di carattere fiscale. Inoltre, stiamo lavorando per far funzionare meglio le misure di industria 4.0, soprattutto riducendone la burocrazia e favorendo un maggiore utilizzo da parte delle piccole imprese. Oggi queste sono troppo tarate sulla grande impresa, noi vogliamo far crescere le Pmi che rappresentano l’ossatura portante del sistema produttivo italiano.

Proprio con il Corriere dell’Umbria a ottobre premieremo quelle che sono le “eccellenze” regionali, con una giuria qualificata che ha individuato le migliori start up, le imprese più innovative e i migliori esportatori. Gran parte di queste sono fatte da giovani, che si sono presi il loro rischio e che spesso si scontrano con ostacoli della burocrazia pubblica. Lo Stato invece di facilitare mette i bastoni fra le ruote. Ha qualche idea per cambiare questa situazione che c’è in Umbria come nel resto di Italia?

-Siamo a lavoro per costituire una banca pubblica per gli investimenti che sostituisca tutti gli attuali enti e fondi di investimento che erogano contributi. Una banca pubblica ispirata al modello francese. Non è possibile che quando le nostre aziende vanno all’estero vengono continuamente battute da aziende tedesche e francesi che hanno le banche pubbliche nazionali che le sostengono. Inoltre, stiamo studiando misure per convogliare una quota del risparmio privato verso le PMI ad alto potenziale innovativo, anche attraverso la creazione di una piattaforma pubblica che, grazie alla garanzia dello Stato, favorisca gli investimenti privati in innovazione. Sono due misure che rispondono appieno alle esigenze delle start-up innovative.