#SalviamoMps, ma il PD deve pagare i danni

di MoVimento 5 Stelle

Il Monte dei Paschi ha vissuto e prosperato per secoli, ma non ha resistito alla calata del Pd che nel giro di 20 anni è riuscito a spolpare completamente la banca e a bruciare i risparmi di migliaia di piccoli azionisti. Si tratta di miliardi e miliardi di euro scomparsi. Nessuno sa dove. Nessuno ha pensato di incrociare qualche dato e scuotere il PD come un salvadanaio per vedere cosa ne esce fuori? Il segreto di Pulcinella. Lo Stato adesso dovrà tirare fuori i soldi per salvare i risparmiatori, ma a farlo dovrebbe essere il PD. Hanno i soldi per strapagare Jim Messina per perdere, ma per rimediare ai danni che hanno fatto non scuciono un centesimo, non hanno neppure la dignità di chiedere scusa. Domani il MoVimento 5 Stelle farà il primo “flash mob parlamentare” del mondo e lo farà a Siena, nei pressi della sede MPS. Con noi ci sarà anche Beppe Grillo che arriverà in pullman con i portavoce. Non è una manifestazione di piazza, è un flash mob per la democrazia. Ci vediamo a Siena!

Un nuovo Governo senza legittimazione popolare si prepara probabilmente ad affrontare con un decreto la tragedia annunciata del Monte dei Paschi di Siena, banca scassata da anni di cattiva gestione del Pd nazionale e locale. Istituto per il quale il M5S chiede una nazionalizzazione da tempi non sospetti.
La condizione di Mps è grave e servono provvedimenti in tempi rapidi. Ma la soluzione non possono pagarla i risparmiatori, piccoli o grandi che siano. Devono scontarla innanzitutto i manager protagonisti delle gestioni scriteriate e i loro padrini politici.
La banca è stata depredata dal Partito democratico per oliare le clientele e i meccanismi del consenso. E’ stata usata a fini privati e politici. I suoi conti sono stati massacrati per perpetuare un sistema di potere che chiamavano il “groviglio armonioso”. Persino il Bomba ha denunciato le malefatte del suo partito senza fare (in modo omertoso) i nomi. A Repubblica disse: “Su Mps non prendiamoci in giro: le responsabilità di una parte politica della sinistra, romana e senese, sono enormi”. Bene, peccato che il 22 gennaio scorso l’ex premier spiegò in tv: “Mps ora è risanata. Investire è un affare”. Da quel momento a oggi il titolo ha perso circa il 60% e la situazione di Siena è quella che abbiamo sotto gli occhi.

Adesso la Bce non può mettere i risparmiatori e il sistema bancario spalle al muro dopo aver fatto finta di niente, assieme alla Bankitalia di Draghi, mentre Mps andava allo sfascio (vedi acquisto Antonveneta) e dopo aver concesso a Renzi di usare l’istituto come arma di ricatto in vista del referendum. Ora come ora, rischiamo di avere un decreto che accanto all’eventuale ricapitalizzazione comporterebbe una qualche condivisione del carico (“burden sharing”) e quindi una conversione forzosa in azioni dei titoli in mano agli investitori. Fossero coinvolti anche soltanto gli “istituzionali”, sarebbe comunque un danno enorme per il sistema del credito. Non si può scherzare con la tutela costituzionale del risparmio, rischia di saltare tutto.

Il Governo del fantoccio Gentiloni, a questo punto, rischia di fare danni ancora peggiori. Bisogna piuttosto comprendere, da una parte, quali risultati porterà l’ispezione di Francoforte sui crediti deteriorati (Npl) di Mps in via di cartolarizzazione con tanto di deconsolidamento degli stock. E, dall’altra, è necessario giungere a elezioni (infatti le chiediamo il prima possibile) così da avere un esecutivo legittimato che possa prendere i provvedimenti migliori per il Montepaschi.

Il salvataggio di Siena è una operazione di sistema che assume un significato più forte e netto se viene inquadrata nella riforma complessiva che il M5S immagina per il mondo bancario.

Una ricapitalizzazione pubblica di Mps da parte del Tesoro è inevitabile. Dagli Usa alla Germania, passando per la Gran Bretagna, tutti i governi dei Paesi più avanzati hanno utilizzato migliaia di miliardi per i bail-out bancari. Tra il 2008 e il 2011, tanto per dire, la Commissione europea ha approvato aiuti di Stato a favore delle banche per 4.500 miliardi di euro. Poi sono cambiate le regole, ci dicono.

Il M5S ritiene che la tutela costituzionale dei risparmiatori venga prima di tutte queste sovrastrutture regolamentari. Peraltro anche il Trattato sul funzionamento dell’Ue (Tfue) consente una deroga ai paletti sugli “aiuti di Stato”. E puntiamo per Mps a una ricapitalizzazione che consenta allo Stato di mettere radicalmente mano alla governance della banca, cacciando via gli amministratori che hanno generato i disastri e rivedendo la politica della remunerazione e dei bonus ai manager.

L’intervento del Tesoro potrebbe passare attraverso l’acquisto delle subordinate in mano ai piccoli risparmiatori (2,1 miliardi), che in tal modo sarebbero risarciti, e la loro successiva trasformazione in azioni. Considerando, però, che gli “istituzionali” hanno spesso comprato questo genere di titoli Mps in periodi recenti e a sconto, probabilmente con circa 3 miliardi appena si potrebbe far contenti tutti e coprire un debito della banca di 4,3 miliardi (il valore nominale delle obbligazioni coinvolte).
Dall’altra parte serve una bad bank di Stato, forte di una garanzia pubblica. Va condotta una analisi seria sugli Npl del Montepaschi e vanno individuate colpe e responsabilità circa le politiche degli impieghi nei decenni passati, prima di impacchettare i crediti deteriorati in tranche omogenee ai fini della cartolarizzazione.
In ogni caso, nel progetto del MoVimento 5 Stelle, l’azione diretta dello Stato sarebbe affiancata e sostituita in prospettiva da quella della Banca pubblica di investimento (Bpi) che resterebbe in mano al Tesoro (con una partecipazione possibile di Cdp) e che opererebbe sul modello della Kfw tedesca e soprattutto della Bpi francese. Nulla di nuovo in seno alla Ue.

Di fronte a una banca in crisi, in un sistema che riformeremmo alla radice, il Mef ricapitalizzerebbe con il sostegno di Bpi che poi, operativamente, avrebbe il know-how per gestire l’istituto su tempi più o meno lunghi. Lo Stato, comunque, rappresenterebbe un investitore “paziente” che non cerca alti rendimenti subito, ma orienta le banche al servizio delle esigenze delle famiglie e delle piccole e medie imprese.
Secondo la nostra visione, tuttavia, il quadro generale sarebbe quello di un sistema bancario regolato da una sorta di Glass-Steagall Act, con la separazione tra banche d’affari e banche commerciali. La rete di protezione e di rilancio qui tratteggiata riguarderebbe solo le seconde che, comunque, sarebbero caratterizzate da una rischiosità minore. E sarebbero sorvegliate da una Banca d’Italia finalmente pubblica, imparziale e autorevole. Tutto si tiene.

Il M5S non vuole sperperare i soldi dei contribuenti. Conosciamo bene il loro valore e lo dimostriamo ogni giorno con i tagli ai nostri stipendi. Ma siamo per la nazionalizzazione di pezzi del sistema bancario in caso di opportunità e necessità: allo scopo di stabilizzarlo, di dare tranquillità ai risparmiatori, ai mercati e di mantenere in Italia asset e aziende strategiche. Tuttavia, questa ri-pubblicizzazione (più o meno temporanea) non può prescindere da una profonda analisi e un’opera di pulizia radicale rispetto alle classi manageriali che hanno ridotto il sistema del credito in questa situazione, grazie anche alla connivenza della politica (vedi appunto il Pd a Siena) e alle “distrazioni” dei regolatori. In tal senso, gli amministratori degli istituti nazionalizzati andranno scelti su basi di trasparenza e merito.

Stop alle banche di partito, sì alle banche degli italiani. Il credito deve tornare alla sua funzione pubblica fondamentale: servire e sostenere l’economia reale.