Spezziamo l’equazione Europa-Euro

di MoVimento 5 Stelle Europa

Unire le figure di Angela Merkel, Francois Hollande e Matteo Renzi con quella di Ventotene è un’assurdità, un ossimoro da non ripetere. Il Manifesto di Ventotene “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”, è un documento per la promozione dell’unità europea scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Ursula Hirschmann tra il 1941 ed il 1944 durante il periodo di confino presso l’isola di Ventotene, nel mar Tirreno. Accostare quello che è uno dei fondamenti dell’Unione Europea con i tre personaggi che maggiormente stanno contribuendo alla sua distruzione è stato, purtroppo, uno squallido spettacolo a cui abbiamo dovuto assistere. L’Europa immaginata nel corso della Seconda Guerra Mondiale da questi visionari parlava di sfide, di prospettive, di un futuro nel quale non ripetere gli stessi errori, un avvenire costruito mettendo da parte gli egoismi più beceri.

Oggi il confronto è impietoso: Spinelli-Renzi; Rossi-Hollande; Hirschmann-Merkel. Tre leader che non sono capaci di immaginare un futuro diverso, senza prospettive o alternative. Oggi l’Europa soffre una divisione lacerante tra Nord e Sud, una separazione che possiamo anche definire “inevitabile” per il tessuto sociale, economico, storiografico. Di questa inevitabilità l’Europa non ha voluto colpevolmente tenere conto: con la complicità dei Governi (quello italiano eletto da nessuno) le differenze sono prese a martellate da istituzioni e regolamenti creati per distruggere e separare, non per unire. Parliamo della Troika, di direttive come il bail-in, del MES o del Fiscal Compact e, naturalmente, della moneta unica. Uno strumento, quest’ultima, divenuto l’arma di ricatto perfetta e che – come ricorda Stiglitz – acuisce le differenze e mina alla radice l’intero progetto europeo.

Pensare a un futuro senza moneta unica e, al contempo, senza la distruzione dell’intero progetto europeo è oggi un atto doveroso. Il Movimento 5 Stelle rifiuta l’equazione per cui si identifica la moneta Euro con l’Unione Europea: dire che l’Europa è l’Euro è un’offesa ai processi politici che l’hanno generata, vuol dire calpestare la memoria dei padri fondatori.

Eccovi alcuni spunti dell’intervista ai portavoce Carlo Sibilia e David Borrelli comparsa su Il Sole24Ore lo scorso 21 agosto 2016:

«Il M5S non ha mai detto un no secco all’Europa», sostiene il deputato Carlo Sibilia, uno dei cinque componenti del direttorio. «Ci siamo presentati nel 2014 alle europee proprio per cercare di modificare alcune cose. D’altronde, se l’Europa ora non fa due più due dopo lo scossone Brexit non ci sarà molto spazio per le forze politiche che non vogliono cambiare». A Strasburgo i pentastellati hanno votato contro la risoluzione post-Brexit insieme a Farage, Le Pen e sinistra radicale. David Borrelli, co-capogruppo con Farage del gruppo Efdd, difende la scelta: «I cittadini inglesi hanno deciso di uscire dall’Europa e per noi è giusto che non sia l’Europa a decidere i tempi dell’addio: sarebbe un’ingerenza».

IL REFERENDUM
Che cosa succederebbe dunque se i Cinque Stelle andassero al governo? Sibilia conferma la volontà di dare la parola ai cittadini con un referendum consultivo «sull’adozione di una nuova moneta nell’ordinamento nazionale in sostituzione dell’euro», come proposto dal disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare presentato in Senato a giugno 2015 (atto S 1969). Il ddl, finora sostenuto soltanto dalla Lega, fa leva sugli articoli dal 139 al 144 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, che distingue tra i Paesi che hanno aderito volontariamente alla moneta unica e quelli “con deroga”, come Danimarca e Regno Unito e come tutti quelli entrati successivamente, dalla Svezia alla Romania. Secondo i Cinque Stelle, anche in assenza di una disciplina specifica sul “passo indietro”, è sempre possibile per gli Stati aderenti chiedere il passaggio al regime con deroga ai sensi dell’articolo 139 del Trattato, previa determinazione del tasso di cambio tra la nuova moneta e l’euro.

L’EUROPA NON È L’EURO
Spiega Sibilia: «Per noi la vera domanda è: vogliamo identificare l’Europa con la moneta unica? Io rifiuto questa equazione. Dire che l’Europa è l’euro è un’offesa ai processi politici che la hanno generata: significa ammettere che la moneta è un metodo di governo». Spietata la diagnosi: «Io credo che l’euro abbia fatto il suo tempo e che non ci saranno tragedie se lo abbandoniamo. È una moneta troppo forte rispetto alla nostra economia. Abbiamo perso il 26% di industria manifatturiera, abbiamo iniziato ad acquistare all’estero e a dismettere la produzione interna». Borrelli rincara: «Noi siamo per l’Europa della condivisione, il nostro programma era ed è lavorare per tornare a una comunità europea dove gli Stati si aiutino tra loro, dove ci sia libera circolazione di cittadini e merci. L’eurobond, mettere in comune il debito, vuol dire più Europa».

IL NODO DEL DEBITO
La tesi del M5S è che sia quindi possibile uscire dall’euro e lavorare per recuperare lo spirito dell’Unione delle origini. Riprendendosi la sovranità monetaria e il controllo sul debito. Osserva Sibilia: «L’Italia è strozzata da un debito pubblico a quota 2.200 miliardi. Non possiamo accettare che continui ad aumentare all’infinito perché lo dobbiamo a un gruppo di banche private che possono acquistare titoli di Stato». Secondo i Cinque Stelle, i 3.100 miliardi di interessi sul debito accumulati in trent’anni sono una «mostruosità», fondi sottratti ai servizi primari, dalle pensioni alla sanità: continuare significa smantellare lo stato sociale. Nel mirino finisce la Bce, «un privato – afferma Sibilia – che decide la quantità di euro che circola: la cessione è di fatto un prestito agli Stati a zero tassazione per i privati che la emettono. Io vorrei che l’Italia iniziasse a riassicurare il primato della politica sulla gestione economica. Non possiamo permetterci di fare riforme come il Jobs Act o come la legge Fornero perché dobbiamo rientrare nei parametri europei, rispettare i patti di stabilità e il Fiscal Compact». Che i Cinque Stelle guardano come il fumo negli occhi: «Lacci e lacciuoli – li definisce Borrelli – che asfissiano il nostro Paese».

LA BANCA PUBBLICA
La soluzione, a loro avviso, sta nel ritorno alla moneta emessa dallo Stato, con Bankitalia ripubblicizzata (una proposta di legge in tal senso è già stata presentata) che torni prestatore di ultima istanza. Gli interessi richiesti, insieme all’avanzo primario positivo – è la tesi – consentirebbero ai tassi di restare sotto controllo e di tenere a bada il panico da spread. Il resto lo farebbe la ripresa. Ma i Cinque Stelle non chiudono la porta neppure alla vecchia ipotesi di un euro a due velocità, un’alleanza dei Paesi del mediterraneo con economie simili che possano condividere politiche industriali, fiscali, immigratorie. «Lo offriamo come elemento di discussione», dice Sibilia. «Italia, Germania, Europa non sono gli Usa. Non siamo un’economia di multinazionali: in Italia il 98% del tessuto produttivo è costituito da piccole e medie imprese. Dobbiamo salvaguardarle, mentre finora le abbiamo devastate».