Il terremoto potrebbe non creare danni né vittime

di Samanta Di Persio*

Il 7 aprile del 2009 il blog di Beppe Grillo mi raggiunse telefonicamente per capire che cosa fosse successo a L’Aquila. Ricordo perfettamente una sensazione: nei 20 secondi in cui la terra aveva tremato aveva spazzato via passato, presente e futuro. Lo smarrimento era totale. Una lunga marcia di persone iniziò a fuggire dalla città per dirigersi verso la costa, fu inevitabile a quel punto chiedere ricovero agli hotel. Nonostante lo sciame sismico che da mesi scuoteva la città, la notte del terremoto, eravamo tutti impreparati. Dopo qualche settimana la Casaleggio Associati mi chiese di scrivere un libro, una raccolta di testimonianze. Per un mese e mezzo lavorai senza sosta perché avevo l’obiettivo di diffondere quante più informazioni possibili affinchè i crolli, i morti dell’Aquila potessero essere evitati. A settembre uscì “Ju tarramutu, la vera storia del terremoto in Abruzzo“, la prima critica fu una speculazione sul terremoto. Quindi gli speculatori non erano coloro che avevano costruito senza rispettare le norme, coloro che cambiavano i progetti delle abitazioni in corso d’opera, coloro che avevano risparmiato sul ferro, coloro che non avevano mai adeguato il piano regolatore. Il libro venne venduto a prezzo libero, molti lo hanno acquistato ad euro ZERO. Sarebbe potuto finire nelle librerie di Berlusconi, Bertolaso, Boschi, Gabrielli, Renzi, Delrio, Curcio il sindaco di L’Aquila, l’assessore alla ricostruzione ecc. Ma niente di tutto ciò: ad Amatrice, ma anche a L’Aquila perché la scossa è stata avvertita benissimo, si ripete lo stesso scenario di 7 anni e quasi cinque mesi prima.
L’improvvisazione di una popolazione non preparata, ritardo nei soccorsi, crolli perché nessuno ha mai spesso un euro per adeguare gli edifici e, se sono stati spesi, la destinazione è stata per altro.

Nel libro è presente un decalogo, copiato pari a pari a quello giapponese, con sei punti focali per la prevenzione/organizzazione contro i terremoti:

– Informativa di prevenzione su larga scala (volantini, manuali, documentazione)
– Strutture preorganizzative e visibili di cartellonistica di percorsi di emergenza
– Pianificazione dettagliatissima delle evacuazioni post sisma
– Strutture globali (abitazioni, tubature cavi elettrici) antisismici
– Kit di sopravvivenza in uffici e case
– Esercitazioni cicliche antisisma

Tali banalità a L’Aquila non sono mai state attivate, anzi sono state individuate aree di raccolta dove, nella maggior parte di esse, non c’è nemmeno una fontanella. Ma non mi sono limitata ad indicare semplici regole che potrebbero salvare la vita ma anche le modalità per poter adeguare le abitazioni. Come abbiamo visto, anche ad Amatrice vi erano strutture in pietra con tetti in cemento armato, che in caso di forte scossa, schiacciano la struttura e di conseguenza uccidono. L’arch. Antonio Perrotti, nel 2009 ancora impiegato alla regione Abruzzo, spiegava, nella sua testimonianza presente in Ju tarramutu, che interventi sistematici e organici hanno dimostrato la loro efficacia:catene e reti, tetti alleggeriti, cerchiature insieme a reti in carbonio e nuove malte, ormai, possono dare grossi margini di sicurezza. In altri casi, invece, sono crollati edifici pubblici, dove c’è stato un intervento, ma restauri e ristrutturazioni sono stati fatti in base all’estetica formale e non alla tenuta statica.

Inoltre, dall’intervista del geologo Antonio Moretti, era emerso un quadro allarmante, ma una volta appreso, si poteva e doveva intervenire. Le grandi strutture sismogetiche che formano la dorsale appenninica del Centro Italia sono infatti: l’Appenino centrale (Collefiorito-Gubbio-Monti Reatini), l’Abruzzo (Aquilano-Marsica-Valle Peligna) e l’Appennino meridionale (Benevento-Irpinia-Vallo di Diano). Tutte queste strutture non sono indipendenti, ma in qualche modo collegate fra loro, come le tessere di un domino: marzo 1702 ci fu un terremoto a Benevento (X MCS), a gennaio 1703 ad Amatrice (X MCS), a febbraio nell’Aquilano (XI MCS), nel novembre 1706 a Sulmona e per finire nel novembre 1932 in Irpinia (XI MCS). La struttura si carica lentamente, roba di qualche millimetro ogni anno, poi, improvvisamente, si muove di qualche metro con grande rilascio di energia, e la deformazione così generata va a spingere sulle strutture accanto che piano piano si mettono in moto anche loro. Dunque, il rischio c’è e sappiamo perfettamente dove.

Solo l’emergenza terremoto per la sistemazione degli sfollati in tendopoli, alberghi, caserme è costata, a detta di Bertolaso, due miliardi di euro, se si fossero investiti in prevenzione? Nel 2013 avevo anche calcolato la spesa, fino ad allora, del post terremoto. Avevo calcolato che ogni nucleo familiare, 4.400, che alloggiava nel progetto case (le cosiddette new town) avrebbe potuto avere ben 180mila euro, dunque, se ognuno li avesse spesi per costruire una casa, probabilmente sarebbero anche avanzati. Ma la speculazione piace, piace prima di una tragedia ed ancora di più dopo.

*autrice del libro Ju Tarramutu, prima inchiesta sul terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009