La disastrosa situazione dell’autostrada BreBeMi

di Giorgio Sorial e Dario Violi

Abbiamo depositato un esposto alla Corte dei Conti di Milano per denunciare la disastrosa situazione della BreBeMi e per fornire tutto il nostro supporto ai magistrati contabili perché possano definire le responsabilità nell’ennesimo spreco di risorse pubbliche. Il 23 luglio di due anni fa il duo Renzi-Maroni inaugurava quella che sarebbe dovuta essere “la prima autostrada finanziata completamente dai privati” e in virtù di questo veniva assegnata una favorevole concessione da cui banche e privati avrebbero tratto giovamento.

A distanza di due anni l’opera è però un enorme disastro in regime di finto project financing:
2,439 miliardi di euro il costo finale di costruzione dell’autostrada, a fronte di una stima iniziale che non avrebbe dovuto superare gli 800 milioni di euro;
– 38 milioni di euro a chilometro il costo dell’opera, più del doppio rispetto alla Spagna e molto lontana dal costo medio ottimale di 7,1 milioni di euro a chilometreo considerato in Europa per i tratti piani;
900 ettari di suolo espropriati alla coltivazione e al verde per essere inutilmente cementificati in una regione già ampiamente a debito di spazi coltivabili;
– 12,40 euro il costo del pedaggio per la tratta Brescia Ovest – Milano V.le Certosa (compreso il tratto Teem) quasi il doppio rispetto ai 6,30 euro di pedaggio per la stessa tratta sulla già abbastanza costosa A4;
– 15-20 mila autovetture al giorno di media secondo i dati Aiscat a fronte dei 60-80 mila passaggi giornalieri che sarebbero serviti per rientrare dai costi;
68 milioni di euro il rosso dell’ultimo bilancio chiuso dalla società BreBeMi spa;
– 626 mila euro il compenso per il cda della società BreBeMi Spa, in aumento rispetto ai 522 mila euro del 2014;
– al centro di una indagine della Direzione Nazionale Antimafia di Brescia per traffico e smaltimento illecito di rifiuti tossici presumibilmente sotto il manto stradale per mezzo della ditta Locatelli.

E così a fronte di una tale situazione gli azionisti si stanno pian piano ritirando dal progetto finanziario. Pure l’azionista di maggioranza Intesa San Paolo che attraverso Autostrade Lombarde SpA detiene il 42,4% della BreBeMi è ormai intenzionato a lasciare l’opera entro il 2017. E a chi lascerebbero questi buchi? Ai cittadini naturalmente, che oltre ai soldi già sborsati per la costruzione si trovano a dover pagare di tasca loro anche tutto il resto. Dei 1,818 miliardi di euro di prestiti avuti dai privati per la costruzione infatti, 820 erano arrivati dalla Cassa depositi e prestiti (cioè ministero dell’Economia) e 700 dalla Banca europea investimenti (garante Sace SpA, ossia ancora Cassa depositi e prestiti). Il governo ha poi provveduto a destinare un maxi contributo pubblico da 300 milioni di euro (20 milioni all’anno dal 2017 al 2031) alla società concessionaria, e la Regione Lombardia è all’opera per sanare il disastro finanziario attraverso un contributo da 60 milioni di euro (20 milioni all’anno dal 2015 al 2017).

Contributi pubblici già sotto la lente d’ingrandimento della commissaria per la Concorrenza dell’Unione Europea, Margrethe Vestager, secondo la quale un tale finanziamento pubblico può identificare l’apertura di una procedura di infrazione per violazione della concorrenza e aiuti di Stato. Nonostante tutto ciò dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (presieduto dal presidente del Consiglio e costituito da vari ministri) viene fatto l’ennesimo regalo con la proroga gratuita della concessione di altri 6 anni, senza gara, per un totale di 25 anni e 6 mesi, ossia con scadenza il 22 gennaio 2040.

Insomma i debiti di BreBeMi si scaricano inesorabilmente sulle casse pubbliche per garantire la stabilità della omonima autostrada, la A35, sebbene un anno di attività fallimentare, 360 milioni di aiuti di Stato, un costo di subentro di 1,2 miliardi, 50 milioni per il collegamento dell’A35 con l’A4 a Castegnato, 110 milioni per la viabilità a Segrate. Un project financing che a tutti gli effetti è pagato con soldi pubblici, mentre a incassare il pedaggio pagato dai cittadini è una società privata con a capo proprio una banca.